martedì 29 settembre 2009

Fottuti

Foti parla di una trentina di navi affondate di fronte ai litorali del Tirreno e dello Ionio (ma la "Anni" fu colata a picco in Adriatico), approssimativamente da La Spezia a Crotone, con prevalenza sulle coste calabre. Quanta roba c'è dentro a quelle navi?

Senza pretendere di cercare il pelo nell'uovo, possiamo affermare che per quei lavori furono utilizzati mercantili di non grande stazza, diciamo intorno alle 5.000 tonnellate. La tonnellata di stazza, però, non coincide con la comune unità di misura per la massa, giacché corrisponde a 100 piedi cubici anglosassoni, 2,83 m3 i quali, considerando per semplicità la densità dell'acqua pari ad uno, corrispondono ad una massa di 2,83 tonnellate. Chi vorrà una dettagliata esposizione, la troverà qui.

È difficile fare una stima del carico trasportato, giacché non sappiamo se tutti gli spazi interni disponibili fossero stati utilizzati: il buon senso direbbe che, volendole usare come semplici cassonetti da affondare, le avessero riempite fino alla falchetta, ma non abbiamo prove.
Stiamo quindi bassi e conteniamo il carico a sole 3.000 tonnellate di peso: trenta navi – ma sono 180, secondo altre fonti, quelle disperse – fanno 90.000 tonnellate di materiali tossici disseminati in mare. Una montagna di robaccia.

Cosa ci può essere in quelle stive?

Non vorremmo che, in breve tempo, qualcuno rassicurasse: "Non ci sono scorie radioattive! Dormite sonni tranquilli!", poiché il problema diverrebbe meno grave per un'inezia. Quelle scorie, come ha affermato Foti, provenivano per la gran parte dalle industrie del Nord.

Quali sono gli scarti industriali che furono ritenuti così difficili da smaltire, al punto di rivolgersi ai mammasantissima?

  • Residui di verniciatura
  • Residui delle industrie galvaniche
  • Scarti dell'industria conciaria
  • Scarti dell'industria tessile e tintoria.
Fermiamoci qui, anche se le tipologie saranno probabilmente molte di più, perché basta ed avanza.

I prodotti versati in mare sono, a questo punto, tantissimi e si deve tener presente un secondo dato: queste sostanze sono a loro volta reattive. Quindi non possiamo sapere cos'abbiano generato dopo essere state immagazzinate alla rinfusa nei fusti, né le interazioni che possono essere intervenute – sono oramai decenni che sono in fondo al mare – con le strutture metalliche della nave e con l'ambiente marino (la salinità dell'acqua di mare, la pressione, ecc).

Insomma, là sotto c'è di tutto.

(Carlo Bertani, Fottuti)

venerdì 25 settembre 2009

I numeri della pena di morte nel 2008

Il 24 marzo 2009 Amnesty International ha pubblicato i dati sulle condanne a morte e sulle esecuzioni nel 2008.

Tra il mese di gennaio e quello di dicembre:

  • almeno 2390 persone sono state messe a morte in 25 paesi: una media di SETTE persone OGNI GIORNO
  • almeno 8864 persone sono state condannate a morte in 52 paesi
  • cinque paesi hanno eseguito il 93% di tutte le esecuzioni nel mondo: Arabia Saudita, Cina, Iran, Pakistan e Stati Uniti
  • i metodi di esecuzione utilizzati sono stati decapitazione, lapidazione, impiccagione, iniezione letale, fucilazione ed elettrocuzione
  • ancora 59 paesi nel mondo mantengono in vigore la pena di morte
  • un solo paese in Europa continua a comminare ed eseguire sentenze capitali: la Bielorussia
  • l'Iran ha messo a morte otto minorenni, in flagrante violazione della legge internazionale.

mercoledì 23 settembre 2009

Dio e lo Stato

Dio appare, l'uomo si annienta; e più la Divinità si fa grande, più l'umanità diventa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni: ecco l'effetto di tutte le ispirazioni e di tutte le legislazioni divine. Nella storia, il nome di Dio è la terribile vera clava con la quale tutti gli uomini divinamente ispirati, i "grandi geni virtuosi", hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione e la prosperità degli uomini.

Abbiamo avuto prima la caduta di Dio. Abbiamo ora una caduta che c'interessa assai più: quella dell'uomo, causata dalla sola apparizione di Dio o manifestazione sulla terra. Vedete dunque in quale orrore profondo si trovano i nostri cari ed illustri idealisti. Parlandoci di Dio, essi credono e vogliono elevarci, emanciparci, nobilitarci, ed al contrario ci schiacciano e ci avviliscono. Col nome di Dio, essi immaginano di poter edificare la fratellanza fra gli uomini, ed invece creano l'orgoglio e il disprezzo, seminano la discordia, l'odio, la guerra, fondano la schiavitù.

Perché con Dio vengono necessariamente i diversi gradi d'ispirazione divina; l'umanità si divide in uomini ispiratissimi, meno ispirati, non ispirati.
Tutti sono egualmente nulla davanti a Dio, è vero, ma confrontati, gli uni agli altri, alcuni sono più grandi degli altri; non solamente di fatto, ciò che non avrebbe importanza perché una ineguaglianza di fatto si perde da se stessa nella collettività quando non può afferrarsi ad alcuna finzione o istituzione legale; ma alcuni sono più grandi degli altri per volere del diritto divino dell'ispirazione: il che costituisce subito una ineguaglianza fissa, costante, pietrificata.
I più ispirati devono essere ascoltati ed obbediti dai meno ispirati e questi dai non ispirati.

Ecco il principio di autorità ben stabilito e con esso le due istituzioni fondamentali della schiavitù: la Chiesa e lo Stato.

(Michail Bakunin, 1814-1876)

lunedì 21 settembre 2009

★ Vox populi

"Portace
portace
portace a mignotte
Berlusconi portace a mignotte!"

(Coro della Curva Sud in Grosseto-Roma, 13 agosto 2009)

sabato 19 settembre 2009

Romell Broom

Romell Broom, un uomo di 53 anni condannato a morte nel 1984 per l'assassinio a sfondo sessuale di una quattordicenne, avrebbe dovuto essere giustiziato martedì 15 settembre scorso. L'esecuzione è stata invece posticipata di una settimana.

Nel carcere di Lucasville (Ohio) i giustizieri hanno dovuto gettare la spugna dopo aver tentato invano, per due ore e mezzo, di infilargli nelle vene le siringhe per l'iniezione letale.

A un certo punto lo stesso Broom ha cercato di aiutare i suoi carnefici: ha spostato il braccio, ha chiuso il pugno e poi lo ha rilasciato, è rimasto pazientemente ad aspettare che lo uccidessero. Ma quando i tre boia hanno sbagliato per l'ennesima volta, e l'ago è schizzato fuori dalla vena, lui si è portato le mani agli occhi e ha cominciato a piangere.

Poco dopo hanno tentato di infilargli gli aghi nelle gambe. Mentre ci provavano, un funzionario della prigione dava pacche di incoraggiamento al condannato, che continuava a piangere fermo e in silenzio.

Il governatore dell'Ohio, Ted Strickland, sollecitato dall'avvocato difensore, ha deciso di posticipare l'esecuzione.

giovedì 17 settembre 2009

La pena di morte in Bielorussia [06]

Nonostante l'assenza di statistiche ufficiali pubbliche esaustive, vi sono indicazioni che il numero di condanne a morte e di esecuzioni in Bielorussia, nel corso degli ultimi due decenni, sia diminuito. Mentre dal 1991 al 1998 sono state condannate a morte tra le venti e le quarantasette persone ogni anno, le condanne sono scese a tredici nel 1999 e si sono mantenute tra le quattro e le sette per anno fino al 2003.

Secondo il Ministero della Giustizia, fra il 2002 e il 2008 sono state condannate a morte ventisei persone: quattro nel 2002 e nel 2003, cinque nel 2004 e nel 2005, nove nel 2006, quattro nel 2007 e una sola nel primo semestre del 2008.
Stando a Oleg Alkaev, mentre egli era direttore del SIZO No. 1 a Minsk (dal dicembre 1996 al maggio 2001) sono state giustiziate 134 persone. Negli ultimi anni invece il numero delle esecuzioni sembra essere notevolmente diminuito: nel 2007 ci sono state notizie di una sola esecuzione, mentre nel 2008 ne sono state riportate quattro.

Nel corso di una conferenza stampa del 9 settembre 2008, il presidente della Corte Suprema ha dichiarato: "Le condanne a morte sono emesse molto di rado: di fatto abbiamo raggiunto una moratoria e siamo psicologicamente pronti per quando una decisione ufficiale in merito sarà presa dal Parlamento e dal Presidente". Tuttavia, nonostante questi passi e queste dichiarazioni incoraggianti, le autorità bielorusse non hanno compiuto alcun tentativo di avviare il processo di abolizione della pena di morte che richiederà riforme, cambiamenti di approccio e un ampio dibattito pubblico.

martedì 15 settembre 2009

★ Prima Scatola Cinese - L'incontro

- Ciao!
- Ehi, ciao! Come stai?
- Bene, tu?
- Tutto ok. Che fai da queste parti?
- Fuori programma lavorativo, con la scusa sono passata a salutare un po' di amici. Senti, lo so che non sono affari miei, ma a Giorgia dispiace che non vi sentite più.
- Ah. Beh, poteva pensarci prima. No?
- Oddio, non so. Non ti sembra di esagerare?
- No, sinceramente non mi sembra di esagerare. E comunque non mi interessa, sono così da quando ho quindici anni, figuriamoci con vent'anni di più e tanti cazzi che la metà basta.
- Mi sono intromessa già troppo e non voglio andare oltre, però fossi in te ci penserei.
- Scusa, ma cosa me ne entra in tasca? E poi non mi piace girare intorno alle cose, se vuole rintracciarmi sa come fare.
- Beh, magari ha paura che la mandi a quel paese...
- Chi, Giorgia? La super-donna-che-niente-e-nessuno-può-abbattere? Però devo dire che mi conosce bene, per lei ho sempre un vaffanculo pronto in tasca.
- Ha ragione allora.
- Senti, a guardare indietro mi sembra che alla fine funzionassimo solo a letto. Molti interessi in comune, come con altre del resto, ma la differenza l'ha fatta il sesso. E poi mi ha sempre stonato: io sono trasparente, se c'è da ridere rido, se c'è da piangere piango, lei invece ha quel sorriso perennemente stampato sulla faccia, mi trasmette un sacco di ipocrisia. E infatti è l'ennesima persona che parla, parla e poi niente fatti. Se la vedesse lei, problemi suoi.
- No, non vorrei avessi travisato, nessun problema. Però quello che ti entra in tasca non lo puoi sapere.
- Ci penserò. Ti saluto, vado a fumare.
- Bene, alla prossima.
- Alla prossima.

E mentre camminava verso l'uscita, con la sigaretta in una mano e l'accendino nell'altra, si chiese se ci sarebbe stata davvero una prossima.

[Chi vuole proseguire è il benvenuto]

domenica 13 settembre 2009

In difesa della scuola nazionale

Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito.

Ma c'è un'altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime.

Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?

Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata.

Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina.

L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

(Piero Calamandrei, Roma, 11 febbraio 1950)

sabato 12 settembre 2009

Ed è subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

(Salvatore Quasimodo, 1901-1968)

giovedì 10 settembre 2009

★ Teoria di Biti

La Teoria di Biti, nota anche come "Teoria del 30/70", oltre ad essere molto elegante descrive benissimo la realtà. Essa valuta l'influenza della sessualità all'interno di un rapporto di coppia e afferma che:

  • se una coppia a letto funziona allora il sesso, nell'economia complessiva del rapporto, pesa 30%
  • se una coppia a letto non funziona allora il sesso, nell'economia complessiva del rapporto, pesa 70%.

In pratica l'affinità sessuale può essere determinante per far scoppiare la coppia, ma raramente è di per sé un collante efficace. Amen.

martedì 8 settembre 2009

★ Fyodorll [NDT 07]

Nell'ottica di ricevere una ricompensa per il recupero della mandria, i PG seguono le tracce lasciate dai cavalli. Quando arrivano all'accampamento di Fyodorll sono stanchi e furibondi per tutto quello che è andato storto: sapendo da dove viene la mandria che l'elfa ha rinchiuso nel proprio recinto non si dimostrano molto ragionevoli. Fyodorll d'altro canto sa che i cavalli sono di dubbia provenienza, ma comunque li ha pagati, e i tre brutti ceffi che la accompagnano non sono neanche loro propensi a mollare l'osso. Insomma, dopo una breve trattativa scoppia il finimondo, ma alla fine i PG ne escono in piedi e si lasciano altri tre cadaveri alle spalle. Fyodorll invece viene catturata viva.

In qualche modo la compagnia riporta i cavalli a Sukiskyn, dove però viene travolta da una nuova sorpresa: durante una scorribanda - ancora ad opera dei goblin di Golthar - avvenuta nei giorni precedenti al campo dei taglialegna di Ilyakana, sono stati fatti molti prigionieri. Tra essi c'è Stephan Gorkov.

Nuovo cambio di programmi: i PG vanno alla ricerca delle tane dei goblin per liberare Stephan. Fyodorll, dopo un breve interrogatorio, viene rilasciata. Thiago abbandona la compagnia e si ritira nel tempio del suo maestro, per approfondire lo studio delle arti marziali.

domenica 6 settembre 2009

I diritti che non ci dicono di avere

Una decina di giorni fa ho pubblicato una breve inchiesta: Tele Vaticano. La storia è semplice: il trattato di Amsterdam obbliga gli stati membri ad appaltare il sistema di radiodiffusione pubblica imponendo il rispetto di alcuni criteri base:

  • il diritto dei cittadini all'informazione e alla diffusione della cultura
  • le esigenza democratiche, sociali e culturali della società.

Ogni stato membro si organizza come vuole, purché il servizio pubblico – da noi la RAI – rispetti questo orientamento, e purché ci sia un controllore terzo che verifica il rispetto delle regole - da noi l’AGCOM.

Così il Ministero delle Comunicazioni sigla un contratto triennale con la RAI, suddividendo l'attività radiotelevisiva in generi, tra i quali i primi due guarda caso sono proprio informazione e approfondimento, e stabilendo quanto spazio minimo vada dedicato nei palinsesti a trasmissioni che devono afferire a questi generi. Il controllore terzo – l'AGCOM – deve ricevere ogni sei mesi dalla RAI un rapporto dettagliato dei programmi trasmessi in ciascuna categoria. Si sommano i tempi, esclusi gli spot, le sigle, le interruzioni eccetera, e si calcola la percentuale.

Dal rapporto stilato per l'anno 2007, emerge con chiarezza che la categoria informazione di RAI1 è stata quasi interamente occupata da propaganda istituzionale/militare, mentre nella categoria approfondimento la Chiesa Cattolica ha dominato la programmazione per oltre due terzi. Da qui la proposta di ridenominare RAI1 in Tele Vaticano.

Non è una crociata anticlericale o anti-istituzionale: è la presa di coscienza del fatto che l'arte, la musica, la filosofia, la storia e tutte le branche del sapere umano, che rendono le persone più autonome e consapevoli di sé, della propria storia e dei propri diritti, non sono giudicati argomenti di approfondimento dall'azienda che gestisce il servizio pubblico. Viceversa gli speciali su Padre Pio, su San Francesco, la benedizione Urbi et Orbi, le Sante Messe, i discorsi del Papa, i concistori dei Cardinali e via di seguito in un elenco decisamente lunghetto sono tutto o quasi quello che secondo RAI1 merita di essere approfondito e divulgato per soddisfare le esigenze democratiche, sociali e culturali della società.

Siccome il servizio pubblico non informa i cittadini sui loro diritti, proprio e specialmente quelli democratici - forse perché toglierebbero spazio alle Sante Messe - il risultato, probabilmente voluto, è che nessuno sa più neppure come farli valere, questi diritti. Così si arriva al paradosso di avere una bella casa di proprietà – la democrazia – ma di non poterci abitare perché nessuno te ne dà l'indirizzo. Sappiamo che l'Italia probabilmente sta violando il trattato di Amsterdam, ne abbiamo le prove ma non sappiamo a chi dirlo, e questo proprio grazie al fatto che stiamo violando il trattato di Amsterdam, in base al quale qualcuno dovrebbe insegnarci ad essere cittadini consapevoli. Verrebbe quasi il sospetto che allo Stato italiano convenga di più avere credenti che non cittadini informati.

Così, visto che l'educazione civica a scuola non la insegnano più – perché, insegnano ancora qualcosa? –, e visto che la RAI preferisce istruirci sul Rito della Via Crucis, i cittadini disperati chiedono aiuto alla rete. I blogger fanno servizio pubblico, senza canone però: quello serve a pagare le nomine che il Premier si vanta di fare a casa sua. Per quanto riguarda gli altri... volete gingillarvi con questa fesseria della democrazia? Fate pure, basta che continuiate a pagare.

Se tra di voi ci sono fini granellini giuristi, costituzionalisti, esperti di qualsiasi cosa che torni utile a sollevare la questione, si facciano avanti e diano una risposta agli ammirevoli cittadini modello che hanno indirizzato la lettera seguente a me, a Ricca, a Grillo e ad alcune redazioni dei nostri quotidiani.
Fatelo tutti: rompete le palle. Fate sentire che non siete morti. Devono sapere che non molleremo mai.

(Claudio Messora - ByoBlu)

sabato 5 settembre 2009

Vittorio Feltri e una mandria di bufale

La prima patacca accertata è del 1990, ai tempi in cui Vittorio Feltri dirige "L’Europeo": un'intervista sul rapimento Moro a tale Davide, "carabiniere infiltrato nelle Br" che avrebbe fatto irruzione nel covo di via Montenevoso.
È un racconto "esplosivo" su presunti memoriali e audio di Moro dalla prigionia, con tanto di dettagli erotici sui brigatisti Franco Bonisoli e Nadia Mantovani sorpresi nudi a letto. Peccato che sia tutto falso, dalla prima all’ultima riga, e il "Davide" in questione non esista neppure.

Nasce così, quasi vent'anni fa, il fenomeno Feltri: un misto di bufale (come quella su Alceste Campanile "assassinato da Lotta Continua", mentre è stato ucciso da Avanguardia nazionale), rivalutazioni del fascismo ("Peccato che a scuola si continui a studiare la Resistenza") e linguaggio da bar (vale per tutti il titolo sul calcio negli Usa: "Agli uomini piace, alle donne no, ma i negri non lo sopportano", da cui si deduce che i "negri" non appartengono alla categoria né degli uomini né delle donne.

Nel '92 Feltri è contattato da Andrea Zanussi, editore de "L'indipendente", al quale spiega che il quotidiano "ha bisogno di una bella iniezione di merda". Detto, fatto. è il periodo di Mani Pulite e lui lo cavalca proponendo titoli come "Cieco, ma i soldi li vedeva benissimo", riferito a un presunto tangentista non vedente.

Segue un falso scoop sulla morte di Pinelli, un attacco a Indro Montanelli ("è arrivato il tuo 25 luglio"), e il linciaggio di Norberto Bobbio ("mandante morale dell'omicidio Calabresi"), più un po' di insulti alla Guardia di Finanza (che in quel periodo sta indagando sul Cavaliere).

Quasi inevitabile nel '94 la promozione al "Giornale", appena lasciato da Montanelli. Qui Feltri si fa riconoscere subito per i titoli farlocchi tra cui un mitico "La lebbra sbarca in Sicilia, contagiati a Messina quattro italiani" (vero niente). Notevole anche "Berlusconi vende la Fininvest", così come la patacca sui miliardi di Milosevic "trasportati in sacchi di juta dalla Serbia all'Italia".

Altrettanto sballate le accuse ai giudici Piercamillo Davigo e Francesco Di Maggio di essere soci in una cooperativa edilizia con Curtò e Ligresti. Non mancano nuove "inchieste" revisioniste sul fascismo, come quella sull'attentato di via Rasella corredata da una foto falsificata della testa di un bambino staccata dal tronco: la cosa arriverà alla Cassazione, che nell'agosto 2007 condannerà il direttore parlando di un "quadro di vere e proprie false affermazioni".

Avanti così, e nel '95 Feltri si inventa che "la scorta del presidente Scalfaro ha sparato a un elicottero dei pompieri" (ovviamente è il periodo dello scontro politico fra il Quirinale e Berlusconi).

Di due anni dopo è un'intervista taroccata a Francesco De Gregori contro il Pci, un pezzo per cui il cantante porta Feltri in tribunale ottenendone la condanna. Sempre nel '97 una nuova - più grave - patacca costa a Feltri il posto: è quella sul presunto "tesoro" di Antonio Di Pietro, cinque miliardi di lire che l'ex pm è accusato di aver preso da Francesco Pacini Battaglia. Dopo parecchie querele, alla fine è lo stesso direttore a dover ammettere che si tratta di "una bufala".

Segue per Feltri un periodo al "Borghese" e al gruppo Riffeser, fino alla fondazione di "Libero", dove chiama a scrivere il puparo di Calciopoli Luciano Moggi e l'ex agente del Sismi Renato "Betulla" Farina.

Per lanciarsi, il quotidiano ha bisogno di fuochi artificali: di qui la falsa notizia che un centro sociale milanese è un covo dell'Eta basca, di qui uno "scoop" su Donna Rachele titolato "Mussolini era cornuto". Poi arrivano le accuse trasversali a Sergio Cofferati per l'omicidio Biagi ("La Cgil indica i bersagli da colpire") e un altro falso scoop su Berlusconi ("Vuole lasciare la politica").

Ma non basta, e allora Feltri parla di pedofilia pubblicando cinque foto di preadolescenti nudi in pose inequivocabili (con conseguente radiazione dall'Ordine, poi tramutata in "censura"). Di questa fase resta però ai posteri soprattutto l'elegante prima pagina con un disegno di Prodi nudo a quattro zampe e con il sedere alzato, pronto a farsi sodomizzare da un tappo di champagne con la faccia di Berlusconi.

Richiamato in agosto al "Giornale", Feltri parte subito con la campagna più desiderata dal suo editore, puntando a tre obiettivi: intimidire i giornalisti non allineati (occhio che se critichi il premier ma poi paghi la colf in nero o non versi gli alimenti all’ex moglie, io lo scrivo in prima pagina); livellare tutti nel fango per provare che Berlusconi non è peggiore di chi lo attacca, in base al "così fan tutti" autoassolutorio; far fuori quanti nella Chiesa osano criticare il premier.

Così in poche settimane "il Giornale" diventa una fabbrica di linciaggi in serie: da Eugenio Scalfari a Enrico Mentana, da Gustavo Zagrebelsky a Concita De Gregorio, da Dino Boffo a Ezio Mauro, fino a Ted Kennedy e Gianni Agnelli (a Feltri infatti piace sparare anche sui morti).

A proposito: negli ultimi anni di vita, Indro Montanelli diceva che non riconosceva più il suo "Giornale", gli sembrava "un figlio drogato". Adesso pare entrato in un'overdose senza ritorno.

(Alessandro Gilioli)

giovedì 3 settembre 2009

★ Drums on Fire Mountain [RVWS 01]

Genere: Modulo d'avventura
Autori: Grame Morris, Tom Kirby
Anno: 1984
Lingua: inglese (mai tradotta in italiano)
Pagine: 38 (incluse le mappe).

"Drums on Fire Mountain" è un modulo d'avventura per 5-8 personaggi di 5°-8° livello, ambientato nel mondo di Mystara.
Le vicende si svolgono su una piccola isola a largo dell'Impero di Thyatis, che peraltro è assente sulla mappa del mondo conosciuto inclusa ne "L'isola del Terrore".

Negli ultimi tempi si sono verificate diverse aggressioni alle imbarcazioni della Thyatis Seafaring Merchant's Guild. Uno dei mercanti, l'intrepido Rollo Bargmann, decide di investigare sugli accadimenti e invia due delle proprie navi in ricognizione. Soltanto una farà ritorno, ma con un carico prezioso: un rozzo umanoide dalla pelle verdastra, catturato tra i pirati saccheggiatori.
Interrogandolo, Rollo riesce ad ottenere una serie di informazioni che pensa di consegnare a qualche avventuriero disposto ad accettare una rischiosa missione: uccidere il capo degli umanoidi, grazie al quale i primitivi kara-kara sono diventati un pericolo per il commercio (e senza cui tornerebbero solo una tribù ostile, ma non così minacciosa da richiederne lo sterminio).
La Thyatis Seafaring Merchant's Guild è disposta addirittura a sborsare 5000 MO per ogni avventuriero sopravvissuto, purché riporti le prove tangibili che la spedizione ha avuto successo.

Questa trama, apparentemente lineare e forse anche banale, ha regalato al sottoscritto e ai suoi compagni di ventura alcune sessioni davvero indimenticabili. Il piccolo isolotto infatti contiene sotterranei e catacombe che formano un dungeon vario e articolato, con enigmi da risolvere, nuovi temibili e interessanti mostri, PNG ben delineati e il rullo dei tamburi in sottofondo che accompagna incessantemente l'esplorazione.
La missione in sé è molto semplice: i PG saranno condotti sull'isola da una nave che resterà ad attenderli per cinque giorni, nascosta tramite un incantesimo di Terreno Illusorio. Riceveranno una mappa grossolana e un solo consiglio: non affrontare i kara-kara direttamente, visto il loro notevole numero. Sono anche questi particolari che contribuiranno a rendere avvincenti le vicende, richiamando film come "I quattro dell'Oca Selvaggia" in cui l'obiettivo è ben definito, ma per raggiungerlo occorrerà far fronte a molti imprevisti e soprattutto agire in punta di piedi e senza indugiare troppo a lungo.

Lo scenario è suddiviso in tre capitoli, ognuno dedicato a una zona dell'isola (la Mountain of Death, Teki-nura-ria nel linguaggio dei nativi). Una breve introduzione illustra le vicissitudini che hanno condotto agli eventi in corso e la trama dell'avventura, mentre due capitoli a parte sono riservati rispettivamente ai nuovi mostri, che svolgono indubbiamente un ruolo di primo piano, e ai PNG principali.
Le mappe, soprattutto quelle sulla copertina, sono di buona qualità, anche se non è semplice saltare da una all'altra per ricostruire la struttura del dungeon (e quindi è consigliabile fotocopiarle e disporle in maniera più congeniale). Nelle pagine centrali infine ci sono delle illustrazioni da ritagliare e consegnare ai giocatori a corredo delle descrizioni lette a voce.
La copertina, benché sia molto bella (opera di Brian Williams) è un po' fuorviante perché più che alludere al mistero dell'isola e agli intricati dedali che nasconde, mette in primo piano i kara-kara, che probabilmente non saranno la vera spina nel fianco dei personaggi.

Forse il ricordo delle sessioni vissute da protagonista influenza la mia opinione più che positiva di "Drums on Fire Mountain": quando la giocai per la prima volta, durante le mai troppo rimpiante vacanze di Natale di qualche secolo fa, venne arbitrata da ben due Dungeon Master e il mio prode guerriero fu uno dei pochi sopravvissuti. Eravamo un gruppo ben nutrito e discretamente esperto (sia come personaggi che come giocatori) ma nonostante questo non fu affatto facile portare a termine il nostro compito. Trovarsi di fronte a un centinaio di selvaggi furiosi, separati solo da un ponte di corde; incontrare l'avvenente figlia del capo degli umanoidi; lambiccarsi davanti a un passaggio segreto per capire come aprirlo; affrontare il leader in uno scontro all'ultimo sangue in cui egli si rivela per ciò che è veramente: tutte immagini che ricordo davvero con piacere.
Un ulteriore motivo per avventurarsi su Teki-nura-ria? Due oggetti magici davvero sopra le righe: l'esagerato Amulet of Protection e l'affascinante Dagger of Concealment.

Dopo averla giocata due volte mi accingo ad arbitrarla, e per regalare qualche sorpresa ai miei giocatori sto lavorando per ambientarla su un frammento di mondo materiale alla deriva nel Piano Astrale, sostituendo i Githyanki ai kara-kara e con un Mind Flayer come leader...

martedì 1 settembre 2009

Montesole

Voglio cantare l'uso della forza
che nasce dalla comprensione
la forza che contiene la distruzione
una forza cosciente serena
che sa sostenere la pena,
capace di pietà, tenera di compassione
capace di far fronte, avanzare
capace di vittoria, di pacificazione.

Canto la morte che muore per la vita di necessità
che rifugge il martirio, l'autodafé
non succube di ciò che si dice di qua sull'aldilà
potrà guardarlo in faccia per quello che è
quando arriverà.

L'amore non cantarlo che si canta da sé
più lo si invoca meno ce n'è.

Canto la vita
che quando è il suo tempo sa morire e muore
canto la vita che piange, sa attraversare il dolore
canto la vita che ride

felice d'un giorno di nebbia, di sole, se cade la neve
canto la sorpresa nei gesti dell'amore.

Canto chi mi ha preceduto
chi nascerà, chi è qui con me
sono in questo spazio essenziale
un valore aggiunto.

L'amore non cantarlo, è un canto di per sé
più lo si invoca meno ce n'è.

Canto la guerra e so
non sono in buona compagnia
canto la pace
che non è un mestiere né una ideologia.

Canto la libertà, difficile, mai data
che va sempre difesa, sempre riconquistata.

L'amore non lo canto, è un canto di per sé
più lo si invoca meno ce n'è.

(Giovanni Lindo Ferretti)

[Listen on YouTube: Montesole]