giovedì 29 aprile 2010

★ Prima Stagione - La casa

L'inverno era davvero duro in quella casa, a volte gli sembrava letteralmente impossibile scaldarla. Per non parlare dell'umidità proveniente dal giardino che attraversava le pareti come fosse un fantasma. Ma con l'arrivo della primavera cambiava tutto, pareva di vivere in un altro posto, in un piccolo paradiso. Il caldo afoso rimaneva sempre fuori dalla porta e la luce del sole illuminava i mobili, la siepe e il cortile propagandosi fin dentro al suo cuore. Erano proprio quelli i giorni in cui più spesso si sentiva felice e riscopriva l'interesse per le cose della vita, trovando l'entusiasmo per gettarsi nel mondo.
Anche lui sbocciava, come fosse un fiore.

martedì 27 aprile 2010

I Rom stanno a casa loro

Secondo i dati della European Roma Rights Centre, i Romanì presenti oggi in Italia sono circa 140.000 o poco più. Di questi oltre 70.000 hanno la nazionalità italiana perché appartenenti a famiglie giunte in Italia dal XV secolo. Dei restanti, si contano almeno 30.000 rumeni presenti in Italia da tempo (dagli anni 60), e circa 40.000 giunti in Italia a metà degli anni 90 in seguito alla guerra Jugoslava.
Per i 70.000 italiani non si può quindi parlare di "ritorno a casa loro" perché si trovano già nel loro paese in cui semplicemente rappresentano una piccola minoranza etnica. Di questi molti svolgono regolari attività, pagano le tasse e sono insediati nella società italiana. Un esempio è costituito dai circensi e dai giostrai, in larga misura Sinti, e quindi Romanì.

Per quanto riguarda gli altri, si tratta di migranti, molti dei quali da tempo insediati in Italia, che hanno rotto ogni legame con i luoghi d'origine ai quali probabilmente sarebbe per loro estremamente difficoltoso tornare. A scorrere i Rapporti del Consiglio Europeo, l'Italia sembra avere la maglia nera nella gestione della questione Rom. La lista delle "mancanze" italiane è lunghissima.

Contrariamente agli altri paesi della vecchia Europa, non abbiamo una politica certa sui documenti di identità e di soggiorno mentre in altri paesi, Rom e Sinti hanno la carta di soggiorno ed anche i passaporti.

Nonostante molti Rom e Sinti vivano in Italia da decenni, non hanno la cittadinanza, con il risultato che migliaia di bambini Rom nati in Italia risultano apolidi; gli stessi bambini non vanno a scuola e non hanno accesso all'educazione; non sono riconosciuti come minoranza linguistica.

L'Italia, soprattutto, continua ad insistere nell'errore di considerare queste persone nomadi segregandole in campi sprovvisti dei servizi e diritti basilari mentre sono persone a tutti gli effetti stanziali.

domenica 25 aprile 2010

Andar per fascisti

Oggi, che è il venticinque aprile, mi era venuta l'idea di fare come ai vecchi tempi, pigliar su spranghe e bastoni e andar per fascisti, solo che Gino mi fa:
- Sei matto, adesso giran tutti con la scorta, con l'auto blu, si rischia grosso.

(spinoza.it)

martedì 20 aprile 2010

I Rom non rapiscono i bambini

Un'indagine condotta dalla Fondazione Migrantes, organizzazione della Cei che opera nei campi Rom, smentisce con decisione la percezione popolare della «zingara rapitrice».

Nei giorni della peste si gridava all'untore. Per secoli gli Ebrei sono stati incolpati di sacrificare bambini per riti di sangue. I Romanì invece sono ancora accusati di rapirli. Specialmente le donne, che indossando lunghe e larghe vesti potrebbero nascondere a meraviglia i piccoli gagè – cioè gli «altri», i non-Rom, rapiti alle loro madri in un mercato, in una via brulicante di persone o addirittura nella cameretta del neonato dopo esservi penetrate con una scusa.

Talvolta il «senso comune» contro la popolazione Romanì fa comodo per sviare le indagini su un delitto abominevole di pedofilia in famiglia o più banalmente per nascondere un incontro con l'amante. Questi non sono casi di fantasia e di colore narrativo. Gli spunti provengono dall'esame minuzioso e scientifico che Sabrina Tosi Cambini, ricercatrice dell'Università di Siena, ha condotto su quaranta casi di presunto sequestro o sparizione di minore, soffermandosi su sei di loro per i quali si è sviluppato un procedimento penale. "La zingara rapitrice" fa parte di una più ampia ricerca commissionata dalla Fondazione Migrantes al Dipartimento di Psicologia e Antropologia culturale dell'Università di Verona, cui hanno partecipato il Prof. Leonardo Piasere, quale direttore, e Carlotta Saletti Salza curatrice dello studio sugli affidamenti e adozioni di minori Rom o Sinti.

I casi sono stati individuati e analizzati partendo dall'archivio Ansa e arrivando alla consultazione dei fascicoli dei Tribunali, adottando, oltre a quella giuridica, più prospettive: etnografica, dell'antropologia giuridica ed etnometodologica. Il risultato principale è che non esiste nessun caso in cui si è commesso un rapimento. Nessun esito, infatti, corrisponde ad una sottrazione dell'infante effettivamente avvenuta e provata oggettivamente. Anche laddove si apre un processo, il fatto contestato è sempre qualificato come delitto tentato e non commesso, le cui circostanze aprono ad una complessa valutazione - all'interno della quale possono a volte far capolino le categorie del senso comune - dell'esistenza o meno della volontà dolosa. Comparando i casi studiati è possibile notare il ricorrere di poche variabili sia per quanto riguarda gli attori coinvolti che le dinamiche.

domenica 18 aprile 2010

★ Sofia e i sindacalisti

- Ma non puoi fare nulla per la situazione in ufficio?
- E che altro dovrei fare? Quando c'era da farsi il culo me lo sono fatto, quando c'era da mettere i bastoni fra le ruote pure, poi lo sai come lavoro, non si è mai lamentato nessuno, anzi.
- Si, lo so, infatti è questa la cosa strana.
- Forse dovrei smettere di mandare affanculo i sindacalisti.
- Eddai, basta con queste parole a tavola che c'è Sofia!
- Hai ragione: scusa Sofia se ho detto "sindacalisti".

mercoledì 14 aprile 2010

Il maiale con lo smoking

Alla fine non è vero niente che il federalismo ci darà automaticamente meno spesa sperperata e più controllo su un fisco giusto ed equo e su una spesa oculata.

È esattamente il contrario, soprattutto in un Paese che non ha una cultura e un senso dello stato perché è uno Stato troppo recente. Ed è uno Stato, lo sappiamo bene, nato per iniziativa di una ristretta élite che di fatto ha imposto l'Unità d'Italia a un Paese che non la voleva.

Esattamente come poi una ristretta élite, chi di voi ha letto "Il ritorno del principe" di Roberto Scarpinato e Saverio Lodato lo sa, nel 1946-1948 ha imposto al paese una Costituzione molto più avanzata delle culture dominanti di quel Paese.

La nostra Costituzione è una specie di camicia di forza, è una specie di smoking elegantissimo messo indosso a un maiale. Che infatti, da sessantatre anni, sta cercando di liberarsi di principi altissimamente liberali come quelli contenuti nella nostra Costituzione.

(Marco Travaglio, Passaparola)

lunedì 12 aprile 2010

La pena di morte in Italia [01]

Non parlo di quella abolita da Leopoldo I Granduca di Toscana nel 1786. Né di quella scomparsa dai codici di procedura penale relativamente al tempo di pace nel 1947. E nemmeno di quella cancellata anche in tempo di guerra nel 1994.

Mi riferisco a questa pena di morte:


  • Pierpaolo Ciullo, 39 anni - 2 gennaio - carcere di Altamura, asfissia con gas;
  • Celeste Frau, 62 anni - 4 gennaio - carcere Buoncammino di Cagliari, impiccagione;
  • Antonio Tammaro, 28 anni - 7 gennaio - carcere di Sulmona, impiccagione;
  • Giacomo Attolini, 49 anni - 8 gennaio - carcere di Verona, impiccagione;
  • Abellativ Sirage Eddine, 27 anni - 14 gennaio - carcere di Massa, impiccagione;
  • Mohamed El Aboubj, 25 anni - 16 gennaio - carcere S. Vittore di Milano, asfissia con gas;
  • Ivano Volpi, 29 anni - 20 gennaio - carcere di Spoleto, impiccagione;
  • Cittadino tunisino, 27 anni - 22 febbraio - carcere di Brescia, impiccagione;
  • Vincenzo Balsamo, 40 anni - 23 febbraio - carcere di Fermo, impiccagione;
  • Walid Aloui, 27 anni - 23 febbraio - carcere di Padova, impiccagione;
  • Rocco Nania, 42 anni - 24 febbraio - carcere di Vibo Valentia, impiccagione;
  • Roberto Giuliani, 47 anni - 25 febbraio - carcere di Rebibbia (Roma), impiccagione;
  • Giuseppe Sorrentino, 35 anni - 7 marzo - carcere di Padova, impiccagione;
  • Angelo Russo, 31 anni - 10 marzo - carcere di Poggioreale a Napoli, impiccagione;
  • Detenuto italiano, 47 anni - 27 marzo - carcere di Reggio Emilia, asfissia on gas;
  • Romano Iaria, 54 anni - 3 aprile - carcere di Sulmona, impiccagione;
  • Detenuto italiano, 39 anni - 7 aprile - casa circondariale di Benevento.
    impiccagione.

Nel 2010 sono già diciassette i detenuti morti suicidi in carcere. L'elenco è di Metilparaben, che lo tiene costantemente aggiornato.

mercoledì 7 aprile 2010

La pena di morte in Bielorussia [News 01]

Due uomini sono stati messi a morte in Bielorussia. Secondo fonti provenienti dal paese, Andrei Zhuk e Vasily Yuzepchuk sono stati uccisi a Minsk intorno al 18 marzo. Ora i familiari sperano nella restituzione dei corpi da parte delle autorità.

È stata la madre di Andrei Zhuk a ricevere da una guardia carceraria la notizia che il figlio, insieme all'uomo con cui condivideva la cella, era stato messo a morte. La comunicazione ufficiale dell'avvenuta esecuzione invece può arrivare dopo settimane o anche mesi.

I corpi dei condannati non vengono mai restituiti ai loro familiari per la sepoltura, ma sono invece sepolti in segreto in un luogo che non viene mai rivelato ai parenti. Inoltre, ai familiari non sono restituiti gli effetti personali dei condannati.

Amnesty International ha lanciato un appello per chiedere alle autorità bielorusse di restituire i corpi di Andrei Zhuk e Vasily Yuzepchuk alle loro famiglie per la sepoltura e per stabilire una moratoria immediata sull'uso della pena di morte.


La Bielorussia è l'unico paese in Europa che ancora utilizza la pena capitale. Nel 2009 non erano state eseguite condanne a morte. Il presidente Aleksandr Lukashenko, per anni isolato dalla comunità internazionale, è stato recentemente elogiato dal governo italiano.

lunedì 5 aprile 2010

Invasioni di campo

Senza rientrare in una polemica che si è già fatta infinite volte su queste pagine, dico soltanto che la Chiesa in queste elezioni ha svolto la parte di una massa di spettatori che invade il campo da gioco mentre la partita è già in corso.

Nelle gare sportive, quando fatti del genere si verificano, l'arbitro sospende la partita e squalifica il campo di gioco. Nel nostro caso il campo di gioco è lo spazio pubblico riservato alla Chiesa per propagandare liberamente le sue idee ma non per tirare sassi e petardi contro i giocatori.

Questo ha invece fatto la Chiesa e questo comportamento avrebbe dovuto essere squalificato dalle autorità che rappresentano la laicità dello Stato. Ottenerlo da un governo come quello che ci sgoverna è impossibile, ma denunciarlo è necessario. Si somma alle infinite altre inadempienze e fa parte della sua necessità di legittimarsi di fronte alla Chiesa.

(Eugenio Scalfari, repubblica.it)

sabato 3 aprile 2010

La pena di morte in Giappone [News 01]

L'85,6% della popolazione giapponese è favorevole alla pena di morte. Questi i dati di un sondaggio del governo nipponico. Circa tremila gli intervistati, tutti con più di vent'anni di età.

Interessantissime le motivazioni alla base della scelta: il 54,1% del campione cita i sentimenti delle vittime e dei loro parenti che "non potrebbero trovare soddisfazione" in caso di abolizione, mentre il 53,2% ritiene che i responsabili di crimini atroci "debbano pagare con la propria vita". Il 51,5% degli intervistati, infine, sostiene che se la pena di morte venisse abolita si assisterebbe all'aumento dei crimini più gravi.

Rispetto allo stesso sondaggio effettuato nel 2004 c'è stato un incremento del 4,2% dei favorevoli alla pena di morte.

Solo il 5,7% ha dichiarato di essere contrario alla pena di morte e di questi la metà sostiene che i criminali debbano essere tenuti in vita e soffrire per ciò che hanno commesso.

Nonostante il netto schieramento della popolazione a favore della pena capitale, il nuovo governo a guida Democratica sta tentando di avviare una riflessione sul tema: il ministro della Giustizia, Keiko Chiba, storica sostenitrice di Amnesty International, ha assicurato che favorirà un dibattito pubblico e si muoverà con prudenza prima di prendere decisioni importanti.

Nel 2009 sono state sette le esecuzioni registrate in Giappone, quindici quelle nel 2008.

giovedì 1 aprile 2010

★ Prima Metafora Abusata - Il treno

Era un bel po' che camminava, passando da un posto all'altro senza pensare troppo e godendosi le sensazioni che ne venivano. Di tanto in tanto aveva provato qualcosa di fastidioso, ma niente che intaccasse la tranquillità generale. E così non si era nemmeno reso conto che le persone che incontrava e le vetrine che guardava fossero quelle della stazione: era stato solo il fischio del treno, ormai prossimo alla banchina, che lo aveva fatto rendere conto di dove si trovasse.

Non aveva niente appresso, solo qualche soldo, il tabacco e un giacchetto pesante che si era tolto per via del caldo. Eppure l'immagine del treno che rallentava, i viaggiatori che si avvicinavano per salire, un controllore incauto che lo aveva spinto verso le porte lo avevano quasi convinto a saltar su. Così, tanto per vedere dove sarebbe arrivato stavolta e se gli avrebbero fatto la multa perché non aveva il biglietto.

Ma il ricordo dei viaggi passati e delle brutte stazioni in cui era stato costretto a scendere gli restituirono quel pizzico di lucidità che aveva perso. A guardarle da vicino le carrozze non erano poi tanto belle, e oltretutto il treno viaggiava con un considerevole ritardo. Così fece qualche passo indietro, prese un fazzoletto di carta e lo agitò in segno di saluto mentre ripartiva.