martedì 30 giugno 2009

La pena di morte in Bielorussia [03]

Il prigioniero viene bendato, le mani gli vengono legate dietro la schiena e viene condotto nella stanza successiva. Gli viene spiegato che sarà accompagnato a mano affinché non si sieda nel posto sbagliato.
Viene quindi costretto in ginocchio e dopo un istante viene ucciso.

Non ricordo alcun caso di prigionieri che si siano ribellati o abbiano cercato di lottare. La loro volontà è annullata, sono sull'orlo della follia. Sanno che stanno per morire, ma ignorano quanto tempo gli resti, potrebbero essere cinque minuti o quindici, ma credono che ci sia ancora da aspettare e questo li rende felici.


(Colonnello Oleg Alkaev, ex direttore del
SIZO No. 1, gennaio 2009)

Tutti i dettagli riguardanti la pena di morte in Bielorussia sono secretati: le sole informazioni ufficiali su come vengono eseguite le sentenze capitali si trovano negli articoli 174-176 del Codice di Procedura Penale.

L'articolo 175 al comma 2 recita: "La pena di morte è eseguita in privato con un colpo di arma da fuoco".

Il Codice di Procedura Penale stabilisce che all'esecuzione siano presenti il Procuratore, un rappresentante del centro di detenzione e un medico. In circostanze eccezionali, con l'autorizzazione del Procuratore, possono essere ammesse a partecipare anche altre persone.

Il Codice prevede inoltre che l'amministrazione del centro di detenzione informi il giudice circa l'avvenuta esecuzione e il giudice, a sua volta, ne dia notizia ai parenti.
Il corpo della vittima non viene riconsegnato ai familiari per la sepoltura, ma viene tumulato in un luogo tenuto segreto.

lunedì 29 giugno 2009

I giovani

I giovani i giovani
sono venuti a cercarmi,
ma io non ero a casa.
I giovani i giovani
sono venuti a cercare
me.
Han sfondato la porta,
han deriso il mio letto-prigione,
mi hanno detto:
cosa fai li dentro?
Ma perché ti nascondi?
Fuori il mondo cammina e va avanti
senza te,
senza te.

Quando lei se ne andò
io decisi che forse era meglio
lasciare la mia porta aperta
e aspettare che l'amore
ritornasse insieme al suo volto
da me.
Ma vennero ladri,
vennero ladri e puttane
a prendersi tutto quello che avevo,
che volete da me?
Io non vi ho mai voluto al mio fianco,
che volete
da me?

Poi un giorno pensai
che forse era meglio gettare
alle ortiche
tutto quanto il passato,
ma chi se ne importa
e lei chissà se ancora ci pensa,
se pensa a me.
Ho aperto i miei occhi,
spalancato le braccia e le gambe
e sentivo milioni di anni,
di sconfitte e del marmo
teso contro la mia povera pelle.

Poi un giorno ancora
due labbra diventarono un sorriso
per me,
e un giorno i giovani
sono tornati ad amare
me,
me.

(Federico Fiumani)

domenica 28 giugno 2009

La piazza e il voto

Dicesi opposizione qualcosa che si oppone. Si può dunque chiamare opposizione il centrosinistra che da quattro anni e mezzo siede nel Parlamento italiano insieme alla maggioranza di Silvio Berlusconi? La risposta, per comodità, l'anticipiamo subito: no.

Lasciamo da parte le parole, le denunce e i proclami, che non mancano mai. Guardiamo machiavellicamente ai fatti. Quante volte, dal 2001 a oggi, l'opposizione è riuscita a mettere davvero in difficoltà il governo sulle scelte importanti? Mai. Quante volte ci ha davvero provato? Raramente. E quando ci ha davvero provato? In una sola occasione, molto recente: la legge elettorale proporzionale, con cui il Cavaliere ha modificato le regole del gioco della partita in zona Cesarini. "Bloccheremo il Parlamento" hanno annunciato, quasi stupiti di se stessi, i leader dell'Unione.

Dopo quattro anni di leggi vergogna, ad personam, incostituzionali, quando si decide di "bloccare il Parlamento" con un vero e strenuo ostruzionismo e si organizza addirittura una manifestazione di piazza? Quando ci sono di mezzo i voti. Quando invece c'erano di mezzo i valori, come la libertà d'informazione, la giustizia, la pace, i diritti dei lavoratori, l'ambiente, nulla di tutto questo: "moderare i toni", "non demonizzare", "attenti alla piazza".

Poco da stupirsi, allora, se in piazza contro la proporzionale arrivano 60 mila persone, certamente meno delle 100 mila (comunque poche) decantate dagli organizzatori.
Il 21 marzo 2002, al Circo Massimo con la Cgil di Sergio Cofferati contro la riforma dell'articolo 18, erano in tre milioni.
Il 14 settembre 2002, in piazza San Giovanni con i girotondi contro la legge Cirami, più di un milione.

Ma allora i partiti della cosiddetta opposizione subivano, non gradivano, spaccavano il capello in quattro sul "boomerang della piazza".
Poi ci sono scesi anche loro, ma solo quando gli rubavano i voti. E, almeno a sentirli parlare, sono pronti a rifarlo se gli ruberanno qualche poltrona in tv: a ogni minaccia berlusconiana di abolire la par condicio, annunciano "guerra totale". Cosa importante, la par condicio in campagna elettorale. Ma forse un po' meno della libertà d'informazione. Che non si calcola dal numero di poltrone riservate in tv ai politici di sinistra. Ma dal numero di notizie vere e di giornalisti liberi.

Tornando alle leggi, l'obiezione è nota: con 100 voti in più alla Camera, la maggioranza può fare il bello e il cattivo tempo. Non è vero neanche questo. Perchè la Casa delle Libertà s'è rivelata un casino. Divisa, dispettosa e assenteista, fuorchè per le leggi che stanno a cuore al premier e ai suoi cari. Ma l'iter delle leggi, anche di quelle su misura, è lungo. C'è ad esempio un passaggio iniziale sempre decisivo: la pregiudiziale di costituzionalità. Se non passa quello, la legge è morta per sempre. E in quella sede i tassi di assenteismo sono altissimi.
Basta che l'opposizione si presenti in forze a votare, ed è fatta. Ma non accade quasi mai. Come ha dimostrato Fabio Luppino su Micromega, se tutte le leggi peggiori hanno superato lo scoglio della costituzionalità è perchè mezza opposizione non c'era.

Alla Camera il centrosinistra parte da 263 deputati (ultimamente saliti di una trentina per le numerose transumanze). Bene, anzi male.
  • Nel 2001, sul ddl Sirchia, la Cdl ha solo 247 sì, ma l'"opposizione" solo 185 no.
  • Nel 2002, sulla controriforma del Csm, finisce 220 a 151 e sullo scudo fiscale (rientro dei capitali sporchi) 233 a 149.
  • Nel 2003, per la legge Moratti, 232 a 170 e per la Frattini sul conflitto d'interessi 241 a 215.
  • Il 3 febbraio 2004, dopo una battaglia campale e una prima bocciatura del Quirinale, si vota sulla costituzionalità della Gasparri: 40 franchi tiratori della Cdl impallinano la legge. Che però si salva grazie alle provvidenziali assenze di 30 "oppositori": 5 segretari (Bertinotti, Boselli, Diliberto, Mastella e Pecoraro Scanio), 7 ds, 6 margheriti e quasi tutti i mastelliani. Il governo la spunta per 2 voti: con altri tre deputati di sinistra, della Gasparri non si sarebbe parlato mai più.

In paesi come gli Usa e l'Inghilterra, dove le opposizioni usano ferocemente l'ostruzionismo (filibustering) per inchiodare i governi, i capigruppo che non riescono nemmeno a portare in aula le loro truppe vengono cacciati al primo bagno.
In Italia, per dire, il capogruppo Ds Luciano Violante nel settembre 2001 chiese addirittura la "procedura d'urgenza" per la controriforma del falso in bilancio. La maggioranza che non credeva ai suoi occhi ma non chiedeva di meglio, si associò. E nel giro di pochi giorni cancellò quattro processi al premier con una legge che l'Economist definì "una vergogna persino per una repubblica delle banane". Il direttore della prestigiosa rivista inglese, Bill Emmott, sostiene che "Berlusconi è un prodotto dell'opposizione". E viceversa.

(Marco Travaglio, gennaio 2006)

sabato 27 giugno 2009

★ Teoria di Sergio

La Teoria di Sergio tocca un argomento su cui si dibatte dalla notte dei tempi: l'amicizia tra un uomo e una donna.

Tanti si sono già espressi su questo tema spinoso, da scrittori a registi, da filosofi a scienziati, ma il pragmatismo di Sergio lascia indubbiamente un segno indelebile su anni e anni di diatribe.

Lucilla è una ragazza anonima, umanamente grigia, costantemente addolorata dai mali del mondo: del suo mondo. Un bel pomeriggio, parlando del più e del meno, ci racconta che la sera prima è uscita con un amico. Cattivi come siamo commentiamo subito con risolini, illazioni e battute a dir poco grevi, insinuando che in realtà si tratti di qualcuno con cui flirta tra una catastrofe e l'altra. Ma la sua difesa è rapida e decisa: è solo un amico, un vero amico! Altro che tresca, altro che flirt!
Tanto rapida e decisa che Sergio si trova costretto a seppellirla: "Vuoi vedere quanto è amico il tuo amico? Fatti trovare nuda dentro al suo letto e guarda come reagisce, poi ne riparliamo".

Se non avesse fatto l'ingegnere Sergio avrebbe potuto fare tranquillamente il filosofo. Peccato per il suo cognome, un serio ostacolo alla luminosa carriera che merita.

venerdì 26 giugno 2009

Se La Sapienza chiama il Papa e lascia a casa Mussi

Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampa Apcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esimo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi ad ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».

Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.

Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più di 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza - dalla Sua iniziativa.

Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.

Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo..., si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».

Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio a sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda (sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».

Al di là di queste circonlocuzioni, il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.

Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?

Non riesco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'università La Sapienza».

Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come simbolo dell'autonomia, della cultura e del progresso delle scienze.

Marcello Cini, 14 novembre 2007

[Nato a Firenze nel 1923, Marcello Cini è attualmente professore emerito (già ordinario di Teorie Quantistiche, e prima di Istituzioni di Fisica Teorica) all'università La Sapienza di Roma. Nella sua attività di ricerca in fisica teorica si è occupato di particelle elementari e poi, a partire dai primi anni '70, di fondamenti della meccanica quantistica e di processi stocastici. Da quegli stessi anni ha cominciato a dedicarsi anche a studi di storia della scienza e di epistemologia.

In tutti questi campi ha pubblicato quasi un centinaio di articoli e di relazioni sulle principali riviste internazionali e sui volumi degli atti di congressi e convegni. Ha scritto numerosi articoli di divulgazione scientifica e di politica della scienza su riviste come "Sapere e Scienza e Esperienza" e sul giornale "Il Manifesto". Oltre a testi di fisica per le scuole secondarie e per l'università ha pubblicato "L'Ape e l'Architetto", "Il gioco delle regole", "Un paradiso perduto", "Trentatré variazioni su un tema", "Quantum Theory without Reduction, "Dialoghi di un cattivo maestro", "Il Supermarket di Prometeo".
È stato vice-presidente della Società Italiana di Fisica, vice-direttore della rivista internazionale di fisica "Il Nuovo Cimento" e direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca sulle Metodologie della Scienza dell'università La Sapienza. È membro del Comitato Scientifico di Legambiente. Ha ricevuto il Premio Nonino 2004 "A un maestro italiano del nostro tempo".]

giovedì 25 giugno 2009

★ Storia della Cittadella senza Sole [TSC 02]

Le rovine note come Cittadella senza Sole anticamente erano un tempio che ospitava un antichissimo culto draconico. Al momento della sua edificazione, la struttura viene protetta da magie potentissime: quando la furia di Ashardalon - un Drago Rosso Antico - si scatena sulla regione, la costruzione sprofonda nel sottosuolo, ma rimane praticamente intatta.

Anno dopo anno diverse creature vi si stabiliscono: coboldi al piano superiore, che ne rivendicano il possesso, e un druido scellerato di nome Belak nel livello inferiore.

Nel sottosuolo Belak scopre un albero che quattro volte l'anno produce dei frutti dai poteri taumaturgici simili a mele. L'albero in realtà non è una semplice pianta: è germogliato da un paletto di frassino usato per trafiggere il cuore di un vampiro e quindi porta in sé l'essenza del male. Fra i suoi poteri c'è la capacità di vampirizzare fino a quattro creature semplicemente legandole al tronco: l'albero pian piano le assorbe dentro di sé e una volta che le ha assimilate le lascia di nuovo uscire, ma trasformate per sempre. La loro mente è fusa con l'albero stesso e la loro pelle diviene simile a corteccia.
Belak sta anche portando avanti degli esperimenti genetici su piante e animali e per questo la comunità druidica lo ha rinnegato. Così ha pensato bene di trovare aiuto in una tribù di goblin che vive anch'essa nella Cittadella e che è in guerra coi coboldi.

Poche settimane prima dell'arrivo dei PG, un altro gruppo di quattro avventurieri è sceso nelle rovine, ma nessuno è sopravvissuto: Talgen Hucrele e Karakas sono morti, mentre Sir Bradford e Sharwyn Hucrele sono stati vampirizzati e sono agli ordini di Belak. I due fratelli Talgen e Sharwyn Hucrele appartenevano a una importante famiglia di Collequercia e la matriarca Kerowyn Hucrele ha assoldato Gilgamesh affinché li porti in salvo.

mercoledì 24 giugno 2009

Come si cruccia il vento nella notte

Come si cruccia il vento nella notte
così il mio desiderio corre a te,
ogni anelito s'è risvegliato,
o tu che mi hai reso malato,
che ne sai tu di me!

Pian piano spengo questo tardo lume,
veglierò nella febbre ore ed ore,
e la notte ha il tuo viso,
e il vento che parla d'amore
ha il tuo indimenticabile riso!

(Herman Hesse, 1877-1962)

martedì 23 giugno 2009

La pena di morte in Bielorussia [02]

L'Articolo 24 della Costituzione Bielorussa sancisce il diritto alla vita e contiene aperture verso l'abolizione della pena di morte:

"A ogni persona è garantito il diritto alla vita. Lo Stato difende la vita dell'individuo da qualsiasi azione illegale. Fin quando non sarà abolita, la pena di morte può essere applicata, in conformità con la legge vigente, come sanzione penale eccezionale per crimini particolarmente gravi ed esclusivamente in accordo col verdetto di un tribunale".

La Bielorussia mantiene in vigore la pena capitale per un lungo elenco di crimini: dodici in tempo di pace e due in tempo di guerra. I crimini per cui è prevista sono:

  • Provocazione o conduzione di guerra (CP, Art. 122 comma 2)
  • Assassinio di un rappresentante di uno stato straniero o di una organizzazione internazionale col fine di creare tensione internazionale o guerra (CP, Art. 124 comma 2)
  • Terrorismo internazionale (CP, Art. 126)
  • Genocidio (CP, Art. 127)
  • Crimini contro l'umanità (CP, Art. 128)
  • Omicidio aggravato da premeditazione (CP Art. 139 comma 2)
  • Terrorismo (CP, Art. 289 comma 3)
  • Atto terroristico (CP, Art. 359)
  • Tradimento accompagnato da omicidio (CP, Art. 356 comma 2)
  • Cospirazione finalizzata al colpo di stato (CP, Art. 357 comma 3)
  • Sabotaggio (CP, Art. 360 comma 2)
  • Omicidio di un agente di polizia (CP, Art. 362)
  • Uso di armi di distruzione di massa (CP, Art. 134)
  • Omicidio in violazione delle leggi di guerra (CP, Art. 135 comma 3).

La pena di morte, in tutti questi casi, non è obbligatoria, ma discrezione del tribunale. Di fatto, in Bielorussia tutte le sentenze capitali sono emesse per "Omicidio aggravato da premeditazione".

Il Codice Penale bielorusso esclude dalla pena di morte gli individui al di sotto dei 18 anni al momento in cui è commesso il crimine e al di sopra dei 65 anni quando viene emessa la sentenza, siano essi uomini o donne.

Secondo il Codice di Procedura Penale, l'uccisione di detenuti nel braccio della morte per cui è stata diagnosticata malattia mentale è sospesa, e il tribunale che ha emesso il verdetto decide se il prigioniero debba subire un trattamento medico forzato. In caso di guarigione, il tribunale stabilisce se la condanna vada comunque eseguita o se la sentenza possa essere commutata.

lunedì 22 giugno 2009

L'opposizione

Nel 2003 Violante alla Camera fa delle rivelazioni scioccanti. Pochissimi Italiani ne vengono a conoscenza.

"L'onorevole Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, che non sarebbero state toccate le televisioni quando ci fu il cambio di Governo. Lo sa: lo sa lui e lo sa l'onorevole Letta, e lo sa l'onorevole Letta. Comunque, a parte questo, la questione qui è un'altra: voi ci avete accusato di regime nonostante, ripeto, non avessimo fatto il conflitto d'interessi, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni, avessimo aumentato, durante il centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di venticinque volte".

Ma in nome di quale mandato elettorale sono state prese queste decisioni? E nell'interesse di chi?

("Viva Zapatero!", Sabina Guzzanti)

[Luciano Violante, all'epoca capogruppo DS alla Camera dei Deputati, è uno dei leader del PD, pricipale forza di opposizione - o sedicente tale - del Parlamento italiano]

domenica 21 giugno 2009

★ Il Minzo e le Fosse Ardeatine

Ieri mattina passavo per via Ardeatina e ho deciso di fermarmi alle Fosse. Per chi le conosce c'è poco da dire, e tutto sommato anche per chi non le conosce: camminando sotto le voragini, nelle grotte e fra le tombe viene solo voglia di mettersi a piangere. Però stavolta mi ha colpito una cosa che non ricordavo di aver visto nelle visite precedenti. Oltre all'urna con la terra di Marzabotto, oltre alla teca con la terra proveniente dai cimiteri di guerra d'Europa e d'oltre mare, ci sono due lapidi recanti le scritte "dal nostro sacrificio sorga una patria migliore" e "sognammo un'Italia libera, giusta, democratica. Il nostro sacrificio e il nostro sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno".

Minzo è l'affettuoso nomignolo con cui anche l'attuale Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, chiama il direttore del TG1 Augusto Minzolini.
Silvio Berlusconi è proprietario delle TV private Canale 5, Italia 1 e Rete 4 e, in quanto Capo del Governo, controlla le TV di Stato Rai 1, Rai 2 e Rai 3. Secondo una indagine del Censis, durante la recente campagna elettorale per le Elezioni Europee il 69,3% degli elettori si è informato attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali per scegliere chi votare. La percentuale sale tra i meno istruiti, i pensionati e le casalinghe.

Sono circa due anni che non vedo televisione, se non saltuariamente a casa d'altri: per informarmi uso internet, talvolta i siti di testate giornalistiche straniere. Tra gli eventi che tengono banco in Italia nelle ultime settimane, moltissimi riguardano Silvio Berlusconi e il suo governo: il caso Mills, il decreto anti-intercettazioni, il caso Noemi, la visita del dittatore Gheddafi e i più recenti scandali riguardanti l'ingresso di escort a Palazzo Grazioli, residenza romana del Presidente del Consiglio.

Apro parentesi. Una escort non è altro che una puttana di alto bordo: quella che meno volgarmente, ma più comunemente, è nota come "prostituta". Chiusa parentesi.

La novità di ieri mattina è che una di queste ragazze, Patrizia D'Addario, ha delle prove della sua presenza a Palazzo Grazioli: fotografie e registrazioni.

Sono convinto che in Italia si sia instaurata una dittatura non-violenta e che l'informazione sia gravemente inquinata, quindi so bene che non potrò sapere molto di più su questa storia guardando la televisione. Ma lo faccio lo stesso a scopo didattico. Ieri accendo la TV, sintonizzo su RAI 1 e - portatile alla mano - trascrivo gli argomenti trattati dal TG1 delle 13.30 del 20 giugno 2009:

  • Iran, scontri di piazza a Teheran
  • Referendum sulla legge elettorale
  • De Gasperi e la cristianità nella politica (citando papa Ratzinger)
  • Vasta operazione anti-pedofilia
  • Timore tra i diportisti a causa dei pirati
  • Sviluppi del processo per l'omicidio Meredith
  • Villaggio africano con bimbi orfani a causa dell'AIDS
  • Domani papa Ratzinger a S. Giovanni Rotondo [doppietta del papa!]
  • CISL, ammortizzatori sociali e sostegno alle imprese che non licenziano
  • Giovane donna truffata dagli zingari
  • Airbus Air France, ancora introvabili le scatole nere
  • Atterraggio di emergenza per il jet privato di Schwarzenegger
  • Obama alla cena dei corrispondenti radio-tv
  • Esercitazione aero-navale a difesa delle coste italiane
  • Roma Calcio vicina alla cessione
  • DoReCiakGulp
  • Carmen di Bizet all'Arena di Verona.

"È tutto per questa edizione, vi ringraziamo per l'attenzione e vi auguriamo buona giornata".

Secondo me la storia che coinvolge Silvio Berlusconi e Patrizia D'Addario è solo fumo agli occhi. La mia opinione è che il ripristino della democrazia in Italia passi per tre punti: risoluzione del conflitto d'interessi, abbattimento del monopolio dei media e revisione unilaterale del concordato. Questo però non autorizza un giornalista, peraltro pagato coi soldi dei contribuenti, a far scomparire delle notizie dal telegiornale della prima rete di Stato.

Dal nostro sacrificio sorga una patria migliore. Sognammo un'Italia libera, giusta, democratica. Il nostro sacrificio e il nostro sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno.
Mi manca l'aria in questo paese. Ho in mente un verso del "Proclama di Camilo Torres", ma lo tengo per me.

sabato 20 giugno 2009

Discorso agli studenti milanesi

La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l'indifferenza alla politica. È un po' una malattia dei giovani l'indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n'importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l'oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l'altro stava sul ponte e si accorgeva che c'era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz'ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn'è mica mio!». Questo è l'indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c'è, si vive in regime di libertà. C'è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono... Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent'anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica...

Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo, non è solo, non è solo, che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell'Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi.

In questa Costituzione c'è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane...
E quando io leggo nell'Articolo 2: «l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’Articolo 11: «L'Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie... ma questo è Mazzini! Questa è la voce di Mazzini!
O quando io leggo nell'Articolo 8: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell'Articolo 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo!
O quando nell'Articolo 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l'ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi!
E quando leggo nell'Articolo 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani...

Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.

(Piero Calamandrei, Università di Milano, 1955)

venerdì 19 giugno 2009

Lo Sbattezzo [06]

COSA BISOGNA FARE PER NON ESSERE CONSIDERATI PIÙ CATTOLICI?

Chi conosce la parrocchia presso la quale è stato battezzato deve semplicemente scrivere una lettera al parroco con la quale si chiede che sia annotata la propria volontà di non far più parte della Chiesa cattolica. La lettera deve essere inviata per raccomandata a.r. allegando la fotocopia del documento d'identità. Non è necessario fornire alcuna motivazione. L'UAAR mette a disposizione una lettera modello, scaricabile in formato *.RTF (e modificabile a piacimento secondo le proprie esigenze); ne è altresì disponibile una versione in formato *.PDF. Se non si è subìta né la prima comunione né la cresima, inoltre, si può provare a inviare alla parrocchia un modulo (*.RTF; *.PDF), recentemente sperimentato con successo, contenente la richiesta di prendere nota che non si è mai stati cattolici.

Se non si conosce la parrocchia, la prima strada è quella di fare una ricerca sul portale parrocchie.it: qualora vi fossero dubbi tra più parrocchie si può provare a chiedere un aiuto a soslaicita@uaar.it.

Qualora l'esito fosse infruttuoso bisogna inviare una richiesta al parroco dove è stata impartita la prima comunione (a partire dal 1984) o la cresima, chiedendogli di provvedere all'annotazione della richiesta sui documenti che attestano la somministrazione di questi sacramenti.

In alternativa, se ci si è sposati con il rito concordatario, si può anche inviare una richiesta alla parrocchia delle nozze, chiedendo di conoscere la parrocchia di battesimo.

Sbattezzarsi è rapido e semplice: si concretizza nel giro di quindici giorni (anche se talvolta vanno oltre), termine di legge entro cui le parrocchie sono tenute a rispondere con una lettera con cui confermano di aver annotato sull'atto di battesimo e/o sul registro dei battezzati quanto richiesto dallo 'sbattezzando'. Nel caso che vengano frapposti degli ostacoli, consigliamo di consultare le FAQ (anche in formato RTF), che contengono le risposte alle domande più ricorrenti sull'argomento: qualora i dubbi persistano, inviate un messaggio a soslaicita@uaar.it per ottenere una consulenza. Ricordiamo che - in mancanza di risposta da parte della parrocchia - è possibile presentare ricorso al Garante per la protezione dei dati personali. Tutti i ricorsi presentati finora si sono conclusi con esito positivo.

giovedì 18 giugno 2009

★ Hey ho! Let's go! [TSC 01]

Finalmente si parte. I PG si ritrovano a Collequercia, loro paese natìo, e per una serie di motivi (quelli pescati a caso nell'incontro precedente) decidono di intraprendere la carriera di avventurieri. Ci sono ancora molte cose da definire nelle personalità e nel background di ognuno di essi, ma sono aspetti che verranno colmati e approfonditi andando avanti col gioco.

Ricordo perfettamente la prima serata: i giocatori brancolano nel buio più nero, non solo non sanno come fare, ma nemmeno cosa fare. Io invece mi bullo della mia posizione privilegiata e banalizzo qualunque cosa esca dalle loro bocche (giusto per punzecchiarli un po'). So benissimo che tra qualche tempo i ruoli saranno invertiti e dovrò essere io a studiare i manuali per capire come risolvere tutte le situazioni in cui si cacceranno, quindi finché posso me la godo.

Insomma, quello che a me sembra più ovvio dell'ovvio per loro tanto evidente non è, quindi pian piano li indirizzo verso le rovine della Cittadella senza Sole. Dopo un'iniziale esitazione, dovuta anche al fatto che nel tragitto non accade nulla, pure loro finalmente iniziano a carburare: la strada che hanno percorso termina in un burrone, ma c'è una corda legata a un'antica colonna sul ciglio dello strapiombo ed è un indizio troppo evidente per non essere notato. Ciononostante per un attimo nessuno sa che fare, qualcuno - con mio grande spavento - propone addirittura di oltrepassare il crepaccio e proseguire sulla strada, ma poi, alla fine, uno per volta si calano nel burrone.

mercoledì 17 giugno 2009

La pena di morte in Bielorussia [01]

La Bielorussia è l'ultimo paese in Europa e dell'ex Unione Sovietica che ancora esegue condanne a morte. Non esistono dati o statistiche ufficiali sull'applicazione della pena di morte nello Stato, ma Amnesty International stima che più di 400 persone siano state messe a morte dal 1991, anno in cui la Bielorussia è diventata indipendente. Gli organismi internazionali hanno più volte chiesto alla Bielorussia di abolire la pena di morte.

In Bielorussia, l'intero procedimento che riguarda la pena di morte è avvolto nel segreto. I prigionieri e i loro familiari non sono informati sulla data dell'esecuzione; il corpo del condannato non viene restituito alla famiglia, né viene comunicato dove sia sepolto.

L'applicazione della pena di morte in Bielorussia è aggravata da un sistema di giustizia penale viziato, dove tortura e maltrattamenti sono utilizzati per estorcere le confessioni e i condannati non hanno accesso alle legittime procedure d'appello. Un ragazzo accusato di omicidio ha riferito ad Amnesty International di essere stato picchiato costantemente per tre giorni di seguito e forzato a scrivere una confessione.

Dall'indipendenza, le autorità bielorusse hanno intrapreso qualche passo verso l'abolizione della pena di morte, come la riduzione dei reati capitali. Nel 2004, la Corte costituzionale ha dichiarato che la pena di morte è in conflitto con la Costituzione e che dovrebbe essere abolita dal Presidente e dal parlamento. Tuttavia, le autorità non hanno ancora dimostrato la volontà politica di intraprendere i necessari cambiamenti legislativi o di iniziare un ampio dibattito pubblico sull'argomento.

Nel rapporto "Ending executions in Europe: Towards abolition of the death penalty in Belarus, (AI Index EUR 49/001/2009)" pubblicato il 24 marzo 2009, Amnesty International mostra che è giunto il momento per le autorità bielorusse di porre fine alla pena di morte, seguendo il crescente trend abolizionista. Le informazioni presenti nel rapporto sono state raccolte tramite un monitoraggio, durato più di vent'anni, dell'’applicazione della pena di morte nel paese. Nel mese di ottobre del 2008, una delegazione di Amnesty International ha visitato la Bielorussia, incontrando avvocati, attivisti per i diritti umani, funzionari governativi ed ex detenuti.

martedì 16 giugno 2009

Lo Sbattezzo [05]

PERCHÉ CANCELLARE GLI EFFETTI DEL BATTESIMO?

Non certo per fare un contro-rito vendicativo: nessuna associazione laica lo riterrebbe una cosa seria.

Ci sono invece motivazioni ben più importanti per sbattezzarsi:

  • per coerenza: se non si è più cattolici non v'è alcuna ragione per essere considerati ancora tali da chi non si ritiene più degni della propria stima;
  • per mandare un chiaro segnale a tutti i livelli della gerarchia ecclesiastica;
  • per una questione di democrazia: troppo spesso il clero cattolico, convinto di rivolgersi a tutta la popolazione della propria parrocchia, invade la vita altrui (pensiamo alle benedizioni natalizie o, più banalmente, al rumore prodotto dalle campane). Si crea così una sorta di "condizionamento ambientale" e si diffonde la convinzione che bisogna battezzare, cresimare, confessarsi e sposarsi in chiesa per non essere discriminati all'interno della propria comunità. Abbattere questo muro, rivendicando con orgoglio la propria identità di ateo o agnostico, è una battaglia essenziale per vivere in una società veramente libera e laica;
  • per la voglia di far crescere il numero degli sbattezzati, contrapponendolo alla rivendicazione cattolica di rappresentare il 96% della popolazione italiana;
  • perché si fa parte di gruppi maltrattati dalla Chiesa cattolica: gay, donne, conviventi, ricercatori...
  • per rivendicare la propria identità nei passaggi importanti della propria vita. Non essere più cattolici comporta l'esclusione dai sacramenti, l'esclusione dall'incarico di padrino per battesimo e cresima, la necessità di una licenza per l'ammissione al matrimonio (misto), la privazione delle esequie ecclesiastiche in mancanza di segni di ripensamento da parte dell'interessato. Significa quindi non dover sottostare alle richieste del proprio futuro coniuge di voler soddisfare la parentela con un rito in chiesa, non vedersi rifilare un'estrema unzione (magari mentre si è immobilizzati), e avere la relativa sicurezza che i propri eredi non effettueranno una cerimonia funebre in contrasto con i propri orientamenti;
  • per non essere considerati, dalla stessa legge italiana, «sudditi» delle gerarchie ecclesiastiche. Il Catechismo della Chiesa cattolica rammenta (nn. 1267 e 1269) che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso [...] perciò è chiamato [...] a essere «obbediente» e «sottomesso» ai capi della Chiesa». Qualora non lo sia, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a richiamare pubblicamente il battezzato. Nel 1958 il vescovo di Prato definì «pubblici peccatori e concubini» una coppia di battezzati sposatasi civilmente. La coppia subì gravi danni economici, intentò una causa al vescovo e la perse: essendo ancora formalmente cattolici, continuavano infatti a essere sottoposti all'autorità ecclesiastica. Ogni prelato può dunque tranquillamente permettersi esternazioni denigratorie nei confronti dei battezzati: perché rischiare?
  • per un vantaggio economico: se si è battezzati e capita di dover lavorare, anche saltuariamente, in Paesi come la Germania o l'Austria, si finisce per essere tassati per la propria appartenenza alla Chiesa cattolica, e in modo assai salato (anche 60 euro al mese su uno stipendio di 2.000 euro).

Ma tante altre ancora possono essere le motivazioni.

lunedì 15 giugno 2009

Le Déserteur

In piena facoltà
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggerà.

La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest'altro lunedì.

Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me.

Io non ce l'ho con lei
sia detto per inciso,
ma sento che ho deciso
e che diserterò.

Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.

Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.

Quand'ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.

Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.

Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.

Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.

Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertirà.

E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che impugnerò un fucile
e che so ben sparar.

(Boris Vian, 1920-1959)

[La versione definitiva - e ben più nota - di questa canzone si conclude con i due versi:
"che possono spararmi
io armi non ne ho".

Tale modifica fu proposta a Boris Vian dal suo amico Mouloudji per esaltare lo spirito pacifista del brano e subito accettata. Ma io pacifista non sono, anzi tutt'altro, quindi ho preferito il testo iniziale.]

domenica 14 giugno 2009

We shall fight on the beaches

I have, myself, full confidence that if all do their duty, if nothing is neglected, and if the best arrangements are made, as they are being made, we shall prove ourselves once again able to defend our Island home, to ride out the storm of war, and to outlive the menace of tyranny, if necessary for years, if necessary alone.

At any rate, that is what we are going to try to do. That is the resolve of His Majesty's Government - every man of them. That is the will of Parliament and the nation. The British Empire and the French Republic, linked together in their cause and in their need, will defend to the death their native soil, aiding each other like good comrades to the utmost of their strength.

Even though large tracts of Europe and many old and famous States have fallen or may fall into the grip of the Gestapo and all the odious apparatus of Nazi rule, we shall not flag or fail.

We shall go on to the end,
we shall fight in France,
we shall fight on the seas and oceans,
we shall fight with growing confidence and growing strength in the air,
we shall defend our Island, whatever the cost may be,
we shall fight on the beaches,
we shall fight on the landing grounds,
we shall fight in the fields and in the streets,
we shall fight in the hills,
we shall never surrender!


And even if, which I do not for a moment believe, this Island or a large part of it were subjugated and starving, then our Empire beyond the seas, armed and guarded by the British Fleet, would carry on the struggle, until, in God's good time, the New World, with all its power and might, steps forth to the rescue and the liberation of the Old.

(Winston Churchill, House of Commons, 4 giugno 1940)

sabato 13 giugno 2009

Lo Sbattezzo [04]

L'APOSTASIA

Lo sbattezzo, visto dalla parte della Chiesa, si chiama apostasìa. Se da un punto di vista dottrinale è un peccato mortale, per il diritto penale della Chiesa, applicabile a tutti i battezzati, rappresenta invece un «delitto» (Codice di diritto canonico,
can. 1041).

Ne consegue che, per la Chiesa cattolica, chi si proclama ateo e agnostico, anche se non si sbattezza, è da considerarsi un apostata, e pertanto soggetto alla scomunica latae sententiae (
can. 1364), un tipo di provvedimento canonico che si applica automaticamente, anche se la Chiesa non è al corrente del "delitto" commesso (lo stesso provvedimento comminato dal codice, per esempio, alla fattispecie di aborto volontario).

Le conseguenze dell'apostasia e della relativa scomunica sono:
  • esclusione dai sacramenti;
  • privazione delle esequie ecclesiastiche in assenza di segni di pentimento;
  • esclusione dall'incarico di padrino o madrina per battesimo e confermazione;
  • necessità della licenza del vescovo per l'ammissione al matrimonio canonico.

venerdì 12 giugno 2009

La pena di morte scoraggia la criminalità? [06]

IL MITO
Le esecuzioni forniscono il miglior rapporto costo-soluzione efficace al problema della criminalità violenta.

IL FATTO
La società non può accettare violenza e sacrificio dei diritti umani come misura di riduzione dei costi. La decisione di togliere una vita umana non dovrebbe basarsi su ragioni economiche.

Utilizzare la pena di morte per ridurre la popolazione carceraria è un argomento vano. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno una popolazione carceraria di circa 2,2 milioni di persone: di queste, circa 3.000 sono state condannate a morte. Se tutti i condannati presenti nel braccio della morte venissero uccisi, non ci sarebbe alcuna differenza per la popolazione carceraria.

★ Silent scream

Sono le 15.27 e mi aspettano almeno altre otto ore sveglio. Sembro un tossico che si conta le dosi di metadone, chiudo gli occhi e vedo un fucile a pompa, due macchine ferme e un colpo secco, De Niro e Walken che fanno la roulette russa mentre i vietnamiti li prendono a schiaffi. Ma nessuna testa che scoppia, niente schizzi di sangue sui muri. Gente che cade, che non parla, che cambia espressione del volto e ora mi sorride ora mi odia. Ci sono dei momenti che proprio non so dove aggrapparmi, allora semplifico, vado al bagno, cammino, caffè e sigaretta e mi dico che passerà pure stavolta, solo che non so mai quando.

giovedì 11 giugno 2009

La pena di morte scoraggia la criminalità? [05]

IL MITO
La pena di morte è accettabile finché la maggior parte dell'opinione pubblica la sostiene.

IL FATTO
Amnesty International riconosce il diritto delle nazioni a creare le proprie leggi. Tuttavia, tali leggi devono essere formulate entro i confini del rispetto dei diritti umani. La storia è disseminata di violazioni dei diritti umani che sono state sostenute dalla maggioranza dell'opinione pubblica ma che oggi, in tempi moderni, sono guardate con orrore.

Schiavitù, segregazione razziale, linciaggio hanno avuto ampio sostegno nelle società in cui avvenivano, ma costituivano gravi violazioni dei diritti umani delle vittime. È comprensibile che le popolazioni chiedano ai loro leader di intraprendere azioni decisive contro la violenza ed esprimano rabbia contro i colpevoli di crimini brutali. Amnesty International ritiene che i politici debbano affermare la propria leadership ponendo in primo piano i diritti umani, opponendosi alla pena di morte e spiegando ai propri elettori il motivo per il quale queste azioni non possono essere intraprese da uno Stato.

Dopo più di 30 anni di ricerca su questa tematica, Amnesty International ritiene che il sostegno dell'opinione pubblica alla pena di morte è fondato principalmente sul desiderio di essere liberi dalla criminalità. Sondaggi condotti negli Stati Uniti e in altri paesi dimostrano un notevole calo del sostegno alla pena di morte quando l'ergastolo è offerto come alternativa. Negli Stati Uniti, un sondaggio della Gallup del maggio 2006 ha riscontrato come il sostegno alla pena di morte sia sceso dal 65% al 48% quando l'ergastolo è stato proposto come altra opzione.

mercoledì 10 giugno 2009

Lettera aperta al cardinale Bagnasco

Egregio sig. Cardinale,

viviamo nella stessa città e apparteniamo alla stessa Chiesa: lei vescovo, io prete. Lei è anche capo dei vescovi italiani, dividendosi al 50% tra Genova e Roma. A Genova si dice che lei è poco presente alla vita della diocesi e probabilmente a Roma diranno lo stesso in senso inverso. È il destino dei commessi viaggiatori e dei cardinali a percentuale. Con questo documento pubblico, mi rivolgo al 50% del cardinale che fa il Presidente della Cei, ma anche al 50% del cardinale che fa il vescovo di Genova perché le scelte del primo interessano per caduta diretta il popolo della sua città.

Ho letto la sua prolusione alla 59a assemblea generale della Cei (24-29 maggio 2009) e anche la sua conferenza stampa del 29 maggio 2009. Mi ha colpito la delicatezza, quasi il fastidio con cui ha trattato - o meglio non ha trattato - la questione morale (o immorale?) che investe il nostro Paese a causa dei comportamenti del presidente del consiglio, ormai dimostrati in modo inequivocabile: frequentazione abituale di minorenni, spergiuro sui figli, uso della falsità come strumento di governo, pianificazione della bugia sui mass media sotto controllo, calunnia come lotta politica.

Lei e il segretario della Cei avete stemperato le parole fino a diluirle in brodino bevibile anche dalle novizie di un convento. Eppure le accuse sono gravi e le fonti certe: la moglie accusa pubblicamente il marito presidente del consiglio di «frequentare minorenni», dichiara che deve essere trattato «come un malato», lo descrive come il «drago al quale vanno offerte vergini in sacrificio». Le interviste pubblicate da un solo (sic!) quotidiano italiano nel deserto dell'omertà di tutti gli altri e da quasi tutta la stampa estera, hanno confermato, oltre ogni dubbio, che il presidente del consiglio ha mentito spudoratamente alla Nazione e continua a mentire sui suoi processi giudiziari, sull'inazione del suo governo e sulla sua pedofilia. Una sentenza di tribunale di 1° grado ha certificato che egli è corruttore di testimoni chiamati in giudizio e usa la bugia come strumento ordinario di vita e di governo. Eppure si fa vanto della morale cattolica: Dio, Patria, Famiglia. In una tv compiacente ha trasformato il suo privato in un affaire pubblico per utilizzarlo a scopi elettorali, senza alcun ritegno etico e istituzionale.

Lei, sig. Cardinale, presenta il magistero dei vescovi (e del papa) come garante della Morale, centrata sulla persona e sui valori della famiglia, eppure né lei né i vescovi avete detto una parola inequivocabile su un uomo, capo del governo, che ha portato il nostro popolo al livello più basso del degrado morale, valorizzando gli istinti di seduzione, di forza/furbizia e di egoismo individuale. I vescovi assistono allo sfacelo morale del Paese ciechi e muti, afoni, sepolti in una cortina di incenso che impedisce loro di vedere la «verità» che è la nuda «realtà». Il vostro atteggiamento è recidivo perché avete usato lo stesso innocuo linguaggio con i respingimenti degli immigrati in violazione di tutti i dettami del diritto e dell'Etica e della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, con cui il governo è solito fare i gargarismi a vostro compiacimento e per vostra presa in giro. Avete fatto il diavolo a quattro contro le convivenze (Dico) e le tutele annesse, avete fatto fallire un referendum in nome dei supremi «principi non negoziabili» e ora non avete altro da dire se non che le vostre paroline sono «per tutti», cioè per nessuno.

Il popolo credente e diversamente credente si divide in due categorie: i disorientati e i rassegnati. I primi non capiscono perché non avete lesinato bacchettate all'integerrimo e cattolico praticante, Prof. Romano Prodi, mentre assolvete ogni immoralità di Berlusconi. Non date forse un'assoluzione previa, quando vi sforzate di precisare che in campo etico voi «parlate per tutti»? Questa espressione vuota vi permette di non nominare individualmente alcuno e di salvare la capra della morale generica (cioè l'immoralità) e i cavoli degli interessi cospicui in cui siete coinvolti: nella stessa intervista lei ha avanzato la richiesta di maggiori finanziamenti per le scuole private, ponendo da sé in relazione i due fatti. È forse un avvertimento che se non arrivano i finanziamenti, voi siete già pronti a scaricare il governo e l'attuale maggioranza che sta in piedi in forza del voto dei cattolici atei? Molti cominciano a lasciare la Chiesa e a devolvere l'8-per-mille ad altre confessioni religiose: lei sicuramente sa che le offerte alla Chiesa cattolica continuano a diminuire; deve, però, sapere che è una conseguenza diretta dell'inesistente magistero della Cei che ha mutato la profezia in diplomazia e la verità in servilismo.

I cattolici rassegnati stanno ancora peggio perché concludono che se i vescovi non condannano Berlusconi e il berlusconismo, significa che non è grave e passano sopra all'accusa di pedofilia, stili di vita sessuale con harem incorporato, metodo di governo fondato sulla falsità, sulla bugia e sull'odio dell'avversario pur di vincere a tutti i costi. I cattolici lo votano e le donne cattoliche stravedono per un modello di corruttela, le cui tv e giornali senza scrupoli deformano moralmente il nostro popolo con «modelli televisivi» ignobili, rissosi e immorali.

Agli occhi della nostra gente voi, vescovi taciturni, siete corresponsabili e complici, sia che tacciate sia che, ancora più grave, tentiate di sminuire la portata delle responsabilità personali. Il popolo ha codificato questo reato con il detto: è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco. Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla tv, al 50% di proprietà personale e per l'altro 50% sotto l'influenza diretta del presidente del consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto d’interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamentali etici del nostro Paese? Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia, si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile svirilità? Perché non dite che con uomini simili non avete nulla da spartire come credenti, come pastori e come garanti della morale cattolica? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa? Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita «dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale»? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete stati contaminati dall'eresia della Lega e del berlusconismo? Perché non dite che i cattolici che lo sostengono in qualsiasi modo, sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l'etica naturale condanna? Come sono lontani i tempi di Sant'Ambrogio che nel 390 impedì a Teodosio di entrare nel duomo di Milano perché «anche l'imperatore è nella Chiesa, non al disopra della Chiesa». Voi onorate un vitello d'oro.

Io e, mi creda, molti altri credenti pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità. Per opportunismo, non per vangelo. Un governo dissipatore e una maggioranza, schiavi di un padrone che dispone di ingenti capitali provenienti da «mammona iniquitatis», si è reso disposto a saldarvi qualsiasi richiesta economica in base al principio che ogni uomo e istituzione hanno il loro prezzo. La promessa prevede il vostro silenzio che - è il caso di dirlo - è un silenzio d'oro? Quando il vostro silenzio non regge l'evidenza dell'ignominia dei fatti, voi, da esperti, pesate le parole e parlate a suocera perché nuora intenda, ma senza disturbarla troppo: «troncare, sopire ... sopire, troncare».

Sig. Cardinale, ricorda il conte zio dei Promessi Sposi? «Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo ... si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest'urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti... A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent'altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire» (A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. IX). Dobbiamo pensare che le accuse di pedofilia al presidente del consiglio e le bugie provate al Paese siano una «bagatella» per il cui perdono bastano «cinque Pater, Ave e Gloria»? La situazione è stata descritta in modo feroce e offensivo per voi dall'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che voi non avete smentito: «Alla Chiesa molto importa dei comportamenti privati. Ma tra un devoto monogamo [leggi: Prodi] che contesta certe sue direttive e uno sciupafemmine che invece dà una mano concreta, la Chiesa dice bravo allo sciupafemmine. Ecclesia casta et meretrix» (La Stampa, 8-5-2009).

Mi permetta di richiamare alla sua memoria, un passo di un Padre della Chiesa, l'integerrimo sant'Ilario di Poitier, che già nel sec. IV metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell'imperatore Costanzo, il Berlusconi cesarista di turno: «Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l'anima con il denaro» (Ilario di Poitiers, Contro l'imperatore Costanzo).

Egregio sig. Cardinale, in nome di quel Dio che lei dice di rappresentare, ci dia un saggio di profezia, un sussurro di vangelo, un lampo estivo di coerenza di fede e di credibilità. Se non può farlo il 50% di pertinenza del presidente della Cei «per interessi superiori», lo faccia almeno il 50% di competenza del vescovo di una città dove tanta, tantissima gente si sta allontanando dalla vita della Chiesa a motivo della morale elastica dei vescovi italiani, basata sul principio di opportunismo che è la negazione della verità e del tessuto connettivo della convivenza civile.

Lei ha parlato di «emergenza educativa» che è anche il tema proposto per il prossimo decennio e si è lamentato dei «modelli negativi della tv». Suppongo che lei sappia che le tv non nascono sotto l'arco di Tito, ma hanno un proprietario che è capo del governo e nella duplice veste condiziona programmi, pubblicità, economia, modelli e stili di vita, etica e comportamenti dei giovani ai quali non sa offrire altro che la prospettiva del «velinismo» o in subordine di parlamentare alle dirette dipendenze del capo che elargisce posti al parlamento come premi di fedeltà a chi si dimostra più servizievole, specialmente se donne. Dicono le cronache che il sultano abbia gongolato di fronte alla sua reazione perché temeva peggio e, se lo dice lui che è un esperto, possiamo credergli. Ora con la benedizione del vostro solletico, può continuare nella sua lasciva intraprendenza e nella tratta delle minorenni da immolare sull'altare del tempio del suo narcisismo paranoico, a beneficio del paese di Berlusconistan, come la stampa inglese ha definito l'Italia.

Egregio sig. Cardinale, possiamo sperare ancora che i vescovi esercitino il servizio della loro autorità con autorevolezza, senza alchimie a copertura dei ricchi potenti e a danno della limpidezza delle verità come insegna Giovanni Battista che all'Erode di turno grida senza paura per la sua stessa vita: «Non licet»? Al Precursore la sua parola di condanna costò la vita, mentre a voi il vostro «tacere» porta fortuna.

In attesa di un suo riscontro porgo distinti saluti.

Genova 31 maggio 2009
Don Paolo Farinella, prete

martedì 9 giugno 2009

★ Il crowd surfing

Il crowd surfing (surf sulla folla) consiste nel muoversi sopra le persone del pubblico passando di mano in mano: un musicista o uno spettatore si fa sollevare con una spinta al di sopra delle teste degli astanti - oppure si lancia dal palco dove il complesso sta suonando (stage diving) - e viene letteralmente trasportato dalla folla, sdraiato sulla pancia o sulla schiena.

Di solito il crowd surfing avviene nei pressi del palco, dove il pubblico è abbastanza denso da poter sostenere il surfer.

Generalmente il surfer viene trasportato fino alla barriera che separa gli spettatori dal palco, dopo di che viene fatto scendere e rispedito tra la folla dagli addetti alla sicurezza. Altre volte invece viene fatto scendere ai lati della platea o nei punti dove il pubblico si dirada.

lunedì 8 giugno 2009

★ Prima della prima [Intro 03]

Se per caso ancora non si fosse capito, l'avventura di esordio sarà "La Cittadella senza Sole", il primo di una serie di nuovi scenari usciti per la Terza Edizione (D&tD).

Rispetto a quelli vecchi, gli autori dimostrano un approccio più serio e verosimile: ad esempio non esistono mostri che vivono vicini senza conoscersi né interagire, tanto meno tribù che abitano il sottosuolo prive di scorte di viveri e acqua. Inoltre ogni Personaggio Non Giocante (PNG, cioè tutti gli individui, umani, non umani, mostruosi eccetera, che i PG incontrano e che gestisco io) rilevante ha degli obiettivi ben definiti e non agisce da sparring partner, bensì persegue i suoi scopi al meglio delle proprie possibilità.

Io ormai ho superato i trenta e adoro letteralmente Il Signore degli Anelli, quindi non posso più gestire campagne high-power, anche se ciò non farà grosso piacere a qualcuno. Quindi do una bella ridimensionata a tesori, tecnologia e soprattutto agli oggetti magici. Relativamente a questi ultimi, decido che tutti quelli permanenti (spade, armature, etc.) avranno una storia e un nome: naturalmente dovrò inventarli di volta in volta io, però così mi diverto di più.

Infine, tanto per far sentire il meno possibile la presenza del DM, preparo degli indizi che portano a tre diverse avventure successive, in modo che i giocatori non si sentano condizionati e appunto decidano più o meno arbitrariamente dove dirigersi in futuro. Le prossime sfide saranno
"La forgia della Furia", "Ritorno al Tempio del Male Elementale" e "L'oscuro terrore della Notte" (attualmente in corso). Ovviamente ho fatto in modo che per i PG sia anche possibile muoversi in modo da incastrarle una con l'altra.
Che fatica...

domenica 7 giugno 2009

La cosa Berlusconi

Non vedo che altro nome gli potrei dare. Una cosa che assomiglia pericolosamente a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un conato di vomito profondo non riuscirà a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrompere le loro vene e per squassare il cuore di una delle più ricche culture europee.

I valori fondamentali della convivenza umana sono calpestati tutti i giorni dai piedi appiccicosi della cosa Berlusconi che, tra i suoi molteplici talenti, ha un'abilità funambolica di abusare delle parole, sconvolgendone l'intenzione e il senso, come nel caso del Polo della Libertà, come si chiama il partito con il quale ha preso d'assalto il potere. L'ho chiamato delinquente, questa cosa, e non me ne pento. Per ragioni di natura semantica e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente ha in Italia una valenza negativa molto più forte che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa.

Per tradurre in forma chiara ed efficace ciò che penso della cosa Berlusconi utilizzo il termine nell'accezione che la lingua di Dante gli dà abitualmente, sebbene si possa avanzare più di un dubbio che Dante qualche volta lo abbia usato. Delinquere, nel mio portoghese, significa, secondo i dizionari e la pratica corrente della comunicazione, "atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o ai precetti morali".

La definizione combacia con la cosa Berlusconi senza una piega, senza un tirante, fino al punto da assomigliare più a una seconda pelle che ai vestiti che si mette addosso. Da anni la cosa Berlusconi commette delitti di varia, ma sempre dimostrata, gravità. Per colmo, non è che disobbedisca alle leggi, ma, peggio ancora, le fa fabbricare a salvaguardia dei suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, e in quanto ai precetti morali non vale neppure la pena parlarne, non c’è chi non sappia in Italia e nel mondo intero che la cosa Berlusconi da molto tempo è caduta nella più completa abiezione.

Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte per servirgli da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui vengono trascinati i valori di libertà e dignità che permearono la musica di Verdi e l'azione politica di Garibaldi, coloro che fecero dell'Italia del secolo XIX, durante la lotta per l'unità, una guida spirituale dell'Europa e degli europei. Questo è ciò che la cosa Berlusconi vuole gettare nel bidone della spazzatura della Storia. Gli italiani, alla fine, lo permetteranno?

(José Saramago, "El Pais")

Un uomo solo al telecomando

Silvio Berlusconi ha annunciato nel programma "Matrix", trasmesso dall'emittente di sua proprietà Canale5, condotto da un suo dipendente: "Nei prossimi giorni farò un'azione mediatica per mostrare alla stampa straniera la vera situazione in Italia... La stampa americana fece bene a fare una campagna contro Bill Clinton: lui aveva mentito. Io no. Contro di me sono state dette solo calunnie e falsità".

Il guaio è che Berlusconi, come diceva Indro Montanelli, il più grande giornalista che lo conosceva bene, "è un bugiardo sincero: crede alle bugie che racconta". Ma questa volta ha fatto male i suoi conti, perché nell'ultimo mese ha mentito ripetutamente non solo alla stampa e alla tv italiane, ma anche a quelle straniere. Che, diversamente dalla gran parte di quelle italiane, non sono di sua proprietà. Dunque non sono abituate a prendere per buone le sue bugie. Per questo il Cavaliere è tanto nervoso: nelle ultime settimane la realtà che lo insegue da trent'anni minacciando il suo mondo virtuale, il suo Truman Show, gli si è pericolosamente avvicinata. E molte delle bugie su cui aveva edificato il suo successo imprenditoriale e politico sono andate in frantumi.

L'inizio della frana è iniziato con la sentenza di condanna in primo grado a 4 anni e 6 mesi dell'avvocato inglese David Mills, giudicato dal Tribunale di Milano colpevole di essersi fatto corrompere da Berlusconi con 600 mila dollari in cambio delle sue false testimonianze in due processi a carico del Cavaliere alla fine degli anni 90: quello per le tangenti pagate alla Guardia di Finanza che ispezionava alcune aziende del gruppo Berlusconi e quello per i fondi neri accumulati sulle società off-shore (64 in tutto, secondo la società di revisione Kpmg) create dallo stesso Mills, dislocate nei paradisi fiscali, occultate nei bilanci del gruppo e utilizzate per varie operazioni illecite.

Quella sentenza, che non ha potuto condannare Berlusconi come corruttore di Mills perché lo stesso Cavaliere ha sospeso i suoi processi per legge, è una "summa" della sua carriera imprenditoriale. E smentisce platealmente la sua immagine di self made man, di grande tycoon che si è "fatto da sé". In realtà - secondo i giudici - Berlusconi pagò il silenzio di Mills per nascondere le illegalità con cui era diventato il padrone dell'editoria e della tv commerciale negli anni 80.

Tramite le società off-shore del comparto occulto All Iberian infatti, secondo i giudici, il Cavaliere pagò 23 miliardi all'allora premier socialista Bettino Craxi, autore di varie leggi su misura per legittimare il monopolio incostituzionale berlusconiano sulle tv private; finanziò prestanomi per controllare occultamente i pacchetti azionari di una pay tv italiana (Telepiù) e un'emittente spagnola (Telecinco) aggirando le leggi antitrust; versò svariati miliardi in nero al suo avvocato Cesare Previti, che li usava anche per corrompere giudici (compreso il giudice Vittorio Metta, autore di una sentenza comprata che nel 1990 sottrasse la Mondadori, il primo gruppo editoriale italiano, al suo legittimo proprietario, Carlo De Benedetti, per girarlo a Berlusconi); e così via.

Se Mills avesse detto tutta la verità, Berlusconi avrebbe rischiato una pesante condanna nel processo Guardia di Finanza, che si chiuse invece con la condanna dei manager berlusconiani Salvatore Sciascia (per corruzione) e Massimo Maria Berruti (per favoreggiamento), ma con l'assoluzione del Cavaliere per "insufficienza di prove". Sciascia e Berruti, oggi, sono deputati nel partito di Berlusconi.

Non bastasse la sentenza Mills, ecco le inquietanti dichiarazioni di un'altra persona che il Cavaliere lo conosce bene, avendo vissuto con lui per ben 29 anni: la sua seconda moglie Veronica Lario, che ha annunciato il divorzio perché il marito-premier "frequenta minorenni" e "non sta bene".

L'equilibrio mentale e le frequentazioni di un capo di governo sono fatti pubblici, non "gossip" come il Cavaliere e i suoi dipendenti sparsi nelle tv e nei giornali hanno tentato di qualificarli.

Tantopiù se il protagonista ha sempre mescolato la sua vita privata e quella pubblica per accreditarsi come marito esemplare con una famiglia modello, distribuendo addirittura fotoromanzi patinati ai suoi elettori. Tantopiù se è solito recarsi in udienza dal Papa, baciargli devotamente l'anello e proclamarsi "difensore della famiglia tradizionale di santa Romana Chiesa". Professioni che mal si conciliano con le fotografie che lo ritraggono nella sua villa in Sardegna in compagnia di ragazze allegre e senza veli, per giunta aviotrasportate su aerei di Stato a spese dei contribuenti.

Lo stesso Berlusconi ha scelto di rispondere pubblicamente alle accuse della moglie, prima su Rai1, poi a France2, infine alla Cnn. Lì ha fabbricato varie versioni dei suoi rapporti con una ragazza napoletana, Noemi Letizia, che lo chiama "papi" e al cui 18° compleanno lui stesso ha preso parte a fine aprile. Ha raccontato di essere amico del padre della ragazza, Elio Letizia, messo comunale, perché "era l'autista di Craxi". Falso: Letizia non è mai stato l'autista di Craxi. Ha raccontato di aver "visto Noemi tre o quattro volte, sempre in presenza dei genitori". Falso: Noemi era con lui senza i genitori nel novembre scorso, a una cena ufficiale a Roma; ed era di nuovo con lui fra Natale e Capodanno, senza i genitori ma con un'amica, anch'essa minorenne, a Villa Certosa in Sardegna. Ha raccontato di aver conosciuto papà Letizia "oltre dieci anni fa", cioè intorno al 1997-98 e Noemi "durante una sfilata di moda": ma nel 1997-98 la ragazza aveva 6 o 7 anni e, per quanto precoce, difficilmente si esibiva in sfilate di moda.

Oltretutto Elio Letizia fa risalire l'amicizia al 2001, cioè a 8 anni fa, mentre l'ex fidanzato della ragazza giura che il Cavaliere non conosceva Elio, ma telefonò direttamente a Noemi per la prima volta nell'ottobre-novembre 2008, dopo averla vista in un book fotografico in abiti succinti. Resta da capire perché Berlusconi e Letizia non si decidano a dire la verità e, dunque, quale segreto nascondano.

Intanto si sgonfiano l'una dopo l'altra tutte le altre balle che hanno contribuito a consolidare il consenso berlusconiano. L'incauta promessa dell'immediata ricostruzione ("entro settembre") della città dell'Aquila devastata dal terremoto si sbriciola contro la scarsità di denaro pubblico a disposizione e suscita le ire dei terremotati, rinchiusi nelle tendopoli sotto il caldo torrido. E l'idea di trasferire il G8 all'Aquila rischia di trasformarsi in un boomerang, con scene di protesta in mondovisione.

Anche la brillante soluzione dell'emergenza-rifiuti a Napoli si sta rivelando un bluff: i rifiuti sono accumulati, tali e quali, senz'alcun trattamento, in alcune discariche ormai esaurite, mentre il famoso inceneritore di Acerra (che non potrebbe comunque bruciare tutto), inaugurato in pompa magna nel mese di marzo, non è ancora funzionante. Intanto la magistratura indaga sui responsabili governativi dello smaltimento rifiuti per truffa allo Stato.

Le promesse di maggior sicurezza contro la criminalità sbattono contro la triste realtà del paese dell'impunità. Gli sbarchi dei clandestini dall'Africa, da quando Berlusconi è tornato al potere, sono triplicati. Il governo ha fatto ricorso a brutali respingimenti in alto mare, scontrandosi con l'Onu e col mondo cattolico.

Qualche giorno fa, la questura di Roma ha tentato di nascondere due stupri avvenuti in poche ore nella Capitale (ora governata dal centrodestra): solo quando i giornalisti, informati da fonti ufficiose, han cominciato a tempestare la questura, hanno avuto finalmente conferma dei due fattacci, con 40 ore di ritardo.

Intanto Berlusconi, che aveva annunciato per metà giugno una visita alla Casa Bianca su invito di Barack Obama, fingeva di "rinviare" la spedizione: in realtà non c'era alcun invito.

Stessa tecnica menzognera è stata adottata per la cessione del campione brasiliano del Milan, Kakà, al Real Madrid: tutti ne parlano da settimane, ma il Cavaliere (padrone del Milan) preferisce prendere tempo, per annunciare la notizia solo dopo le elezioni, temendo la reazione degli elettori milanisti.

Se i contraccolpi delle balle sgonfiate non si faranno sentire già alle elezioni europee, è solo perché l'informazione - salvo rare eccezioni - è saldamente nelle mani di Berlusconi. "Un uomo solo al telecomando" lo definiva Enzo Biagi, altro grande giornalista.

Negli ultimi giorni il premier ha imperversato sui teleschermi con decine di monologhi negli studi di emittenti pubbliche e private, violando le regole della par condicio, perlopiù intervistato da suoi dipendenti genuflessi.

Uno di questi, nel programma Mattino Cinque (su Canale5), l'ha addirittura ringraziato "per aver accettato di farsi intervistare". Poi gli ha servito alcuni assist facili facili: "Perché la attaccano sul privato e la demonizzano?", "perché il Times la attacca?", "ci spieghi che cos'ha fatto il suo governo". Il conduttore di Porta a Porta, su Rai1, in due ore di finta intervista senza domande, gli ha domandato mellifluo: "Presidente, perché secondo lei la sua vicenda privata ha influenzato in modo così anomalo la campagna elettorale?".

Poi ha trasmesso un servizio sulla sua visita a Bari, un bagno di folla "quasi imbarazzante, il miglior antidoto ai veleni della politica", con un "indice di popolarità oltre il 70%" che consente al premier di "buttarsi alle spalle le vicende personale e tuffarsi tra la gente, deciso a non mollare". La direttrice dei servizi parlamentari della Rai, cioè del servizio pubblico, Giuliana Del Bufalo, al termine di un'intervista al premier, l'ha avvertito: "Ci resta un minuto, non c'è più tempo per altre domande". E Berlusconi: "Posso sfruttarlo io?". E la giornalista: "Si figuri, lei è il padrone di casa...".

(Marco Travaglio, "El Pais")

★ Le facce

Oggi sono stato al parco e ho visto le facce.
Io le conosco quelle facce.
Io le odio quelle facce.

Today I went to the park and I saw the gazes.
I know those gazes.
I hate those gazes.

Lo Sbattezzo [03]

IL BATTESIMO COME ADESIONE ALLA CHIESA CATTOLICA

La Chiesa cattolica, nel corso della sua storia, ha spesso abusato del battesimo per ottenere "conversioni forzate", soprattutto nei confronti degli ebrei. Ancora oggi il Codice di diritto canonico, al canone 868, stabilisce questa assurda norma: «il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori». Qualora si verificasse, i genitori dello sfortunato bambino potrebbero denunciare il battezzante per violazione dell’art. 30 della Costituzione.

Ricordiamo che tale articolo stabilisce che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i propri figli». Attenzione, però: "istruire" non significa affatto "imporre". Insegnare ai proprî figli la verità della religione cattolica non deve quindi avere come automatica conseguenza l'adesione vita natural durante alla Chiesa cattolica, così come insegnare ai proprî figli il gioco degli scacchi non deve comportare l'iscrizione vita natural durante al club degli scacchi. Questo infatti comporta il battesimo: il canone 96 del Codice di diritto canonico stabilisce infatti che «mediante il battesimo l'uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta». E questa condizione assume valore anche per la legge italiana.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 239/84 ha invece stabilito che l'adesione a una qualsiasi comunità religiosa debba essere basata sulla volontà della persona: difficile rintracciare tale volontà in un bambino di pochi giorni.

Infine, secondo la legge 196/2003, l'appartenenza religiosa è considerata un dato sensibile, esattamente come l'appartenenza sindacale e politica, la vita sessuale e la salute dell'individuo. Non si capisce pertanto perché, se la legge impedisce ai genitori di iscrivere i propri figli a un sindacato, a un partito politico, a un'associazione gay, non debba conseguentemente impedire l'adesione a un'organizzazione religiosa.

sabato 6 giugno 2009

La pena di morte scoraggia la criminalità? [04]

IL MITO
La minaccia dell'esecuzione è una strategia efficace nella prevenzione del terrorismo.

IL FATTO
Le persone disposte a impegnarsi su vasta scala in atti di violenza volti a infliggere terrore alla società, lo fanno sapendo che potrebbero andare incontro a gravi danni fisici, mostrando poco o nessun riguardo per la propria sicurezza. Le esecuzioni di questi individui spesso forniscono una benvenuta pubblicità ai gruppi di appartenenza e creano martiri, intorno ai quali può essere mobilitato ulteriore sostegno alla loro causa.

Eppure, molti paesi hanno tentato di controllare il terrorismo utilizzando la pena di morte. Nel novembre del 2005, l'Iraq ha emanato la Legge irachena anti-terrorismo. Nel testo della legge la definizione di terrorismo è vaga, mentre sono presenti una serie di atti terroristici, compresi quelli in cui non vi è stata alcuna perdita di vite umane, che prevedono la pena di morte. Numerose condanne a morte sono state eseguite in Iraq proprio in base a questa (e altre) regolamentazioni.

venerdì 5 giugno 2009

Stati di agitazione

Stati di agitazione
Stati di agitazione
Stati di agitazione in corpo nella testa
Occhi infossati lucidi
Noie con il respiro
Mi si accelera il fiato
Stati di agitazione in corpo nella testa
Occhi infossati lucidi
Noie con il respiro
Mi si accelera il fiato

Eppure sono vivo
Eppure sono vivo
Eppure sono vivo

Stati di agitazione
Stati di agitazione
Stati di agitazione tra le idee sulla pelle
Tra le idee sulla pelle
Devo tenermi su devo essere presente
Devo tenermi su devo essere presente
Va meglio/peggio
Va meglio/peggio
Va meglio/peggio

Qualcosa più di niente
Qualcosa più di niente

Stati di agitazione in me nelle mie vene
Stati di agitazione e mai niente di più
Stati di agitazione in me nelle mie vene
Stati di agitazione e mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
Stati di agitazione in me nelle mie vene
Stati di agitazione e mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più

Tra le idee
Sulla pelle
Nei nervi
Nelle vene
Tra le idee
Sulla pelle
Nei nervi
Nelle vene
Nei nervi
Nelle vene
Nei nervi
Nelle vene

Stati di agitazione in me nelle mie vene
Stati di agitazione e mai niente di più
Stati di agitazione in me nelle mie vene
Stati di agitazione e mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più
E mai niente di più.

(Giovanni Lindo Ferretti)

giovedì 4 giugno 2009

La pena di morte scoraggia la criminalità? [03]

IL MITO
La pena di morte riduce i reati legati alla droga.

IL FATTO
A marzo 2008, il Direttore esecutivo dell'ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine ha chiesto di porre fine all'uso della pena di morte per reati connessi al traffico di droga: "Anche se la droga uccide, non credo abbiamo bisogno di uccidere a causa della droga".

L'uso della pena di morte per reati connessi al traffico di droga è una violazione del diritto internazionale. L'articolo 6 comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici afferma che: "Nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata solo per i reati più gravi".

Ad aprile 2007, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, intervenuto in qualità di esperto in un dibattimento sulla Costituzione indonesiana, ha dichiarato alla Corte Costituzionale che "la morte non è una risposta adeguata al reato di traffico di stupefacenti".

Oltre all'Indonesia, tra i paesi che mettono a morte persone per reati connessi al traffico di droga vi sono Arabia Saudita, Cina, Iran, Malesia e Singapore. Comunque, non vi sono prove evidenti che l'uso della pena di morte per tali reati agisca come un deterrente più efficace rispetto a un lungo periodo di detenzione.

mercoledì 3 giugno 2009

★ A reason to leave [Intro 02]

Il primo incontro si conclude con la scelta (a caso) di una motivazione ciascuno per il proprio personaggio, fra quelle elencate di seguito:

  • Sei ansioso di farti un nome tra gli abitanti di Collequercia e di seguire le orme degli avventurieri che la frequentano. La leggenda della Cittadella senza Sole è ben conosciuta da queste parti e le storie che circolano su di essa, fra cui quella di un vecchio druido rinnegato che vi dimora, la fanno apparire come il luogo più indicato per trovarvi gloria e tesori.
  • Un gruppo di avventurieri del posto è sceso nella Cittadella senza Sole circa un mese fa, ma non ha mai fatto ritorno. Due membri del gruppo, Talgen e Sharwyn Hucrele, erano fratello e sorella e facevano parte di una importante famiglia di Collequercia. La matriarca Kerowyn Hucrele decide di assoldarti per una missione di salvataggio allo scopo di recuperare i due figli dispersi o perlomeno i due anelli d’oro con sigillo da essi indossati. Ella offre 25 pezzi d'oro per ogni anello recuperato ed è disposta a raddoppiare tale cifra per ogni figlio riportato indietro vivo e in buone condizioni. [questa la pesca Gilgamesh]
  • La tribù di goblin che infesta le vicine rovine chiamate Cittadella senza Sole cede al miglior offerente di Collequercia un pezzetto di un frutto magico una volta ogni mezz'estate. Il frutto è in grado di curare qualunque malattia o disturbo. Qualche volta i semi vengono piantati nella speranza di far crescere un albero, ma quando germogliano producono una massa cespugliosa di rami contorti. Non molto tempo dopo aver raggiunto l'altezza di mezzo metro, i cespugli vengono rubati (i cittadini sospettano dai goblin stessi). Sei molto interessato a svelare come un gruppo di goblin malandati sia in possesso di una tale meraviglia e di come riescano a impossessarsi di ogni cespuglio. [questa la pesca Lorien]
  • La Vecchia Strada passa molto vicino alle rovine della Cittadella senza Sole, ma è caduta in disuso molto tempo addietro a causa delle frequenti scorrerie dei goblin. Nessuno sa per certo cosa fosse la Cittadella senza Sole, ma alcune voci dicono che servisse da rifugio per il culto di un antico drago e che custodisca ancora le spoglie di un sacerdote decaduto. Le storie che circolano su di essa la indicano come un luogo dove trovare fama e ricchezze.
  • La leggenda della Cittadella senza Sole, un'antica fortificazione edificata dalle mani abili dei nani, è ben conosciuta nei dintorni di Collequercia. Le molte leggende che circolano su di essa, in una delle quali si parla di una tribù di coboldi decisi a rivendicarne il possesso, la fanno apparire come un luogo dove trovare gloria e tesori.

Collequercia, villaggio natale di tutti i personaggi, è situato lungo la strada che collega Kineles a Vinkel, rispettive capitali del Granducato di Kaardoch e della Repubblica di Koridan.

martedì 2 giugno 2009

Articolo 11

Sono stata con mio figlio, quest'anno, alle commemorazioni di Marzabotto e raccontavo ai paesani che lì si erano radunati, che l'anno dopo la strage, nell'estate, c'eravamo ritrovati Dossetti e io che venivamo da Roma, e Boldrini che veniva da Ravenna, che era la medaglia d'oro "Bulow" della Resistenza, uno dei comandanti partigiani più bravi che c'erano stati nella guerra di liberazione, e abbiamo deciso di andare a Monte Sole.

Lì stavano disseppellendo dalle fosse comuni le salme dei quasi duemila massacrati e c'erano, mescolate alle salme, anche le mine che avevano preso cura i tedeschi di mettere lì, non nella spazzatura, ma addirittura nei corpi delle loro vittime, in modo che ancora qualcuno si è aggiunto disseppellendo le salme.

Quando ci siamo trovati di fronte a quest'orrore, Dossetti, Bulow e io, di diverse provenienze, politiche, intellettuali e anche d'esperienza di vita, ci siamo abbracciati piangendo e abbiamo detto: torniamo a Roma per affermare che l'unica parola giusta per l’Articolo 11 è "ripudio" della guerra. Di lì è nata questa parola, e credo che questo voglia dire aver dato un'impronta inconfondibile a tutta la nostra Costituzione.

Questo era lo spirito con cui andavamo al di là delle parti, al di sopra delle parti, ci trovavamo veramente sempre abbracciati, e quando si è stabilito finalmente nell'aula che l'Articolo 11 aveva questa forma, io mi ricordo che tutte noi donne, eravamo ventuno, comuniste, socialiste, democristiane e anche una dell'Uomo qualunque, ci siamo trovate tutte nell'emiciclo dandoci la mano, tutte insieme, e tutti gli uomini ci hanno guardato con una commozione straordinaria perché lì erano tutte le differenze.

(Teresa Mattei, membro della Costituente, 29 gennaio 2006)

lunedì 1 giugno 2009

Unità in lei

Corpo felice che mi fluisce fra le mani,
volto amato dove contemplo il mondo,
dove graziosi uccelli si specchiano fuggitivi
in volo alla regione dove nulla si oblia.

La tua forma esteriore, diamante o duro rubino,
lucentezza d'un sole che abbaglia tra le mie mani,
cratere che m'alletta con l'intima sua musica
con quell'indecifrabile appello dei suoi denti.

Muoio perché m'avvento, perché voglio morire,
perché voglio vivere nel fuoco, perché quest'aria di fuori
non è mia, ma il caldo respiro
che se m'accosto brucia e dora le mie labbra dal profondo.

Lascia, lascia che ti guardi, macchiato dall'amore,
arrossato il volto dalla tua vita purpurea,
lascia che guardi l'ultimo clamore delle tue viscere
dove muoio e rinunzio a vivere per sempre.

Voglio amore o la morte, voglio intero morire,
voglio essere te, il tuo sangue, questa lava ruggente
che irraggiando racchiusa le belle membra estreme
sente così i leggiadri limiti della vita.

Questo bacio sulle tue labbra come indugio di spina,
come un mare che volò divenuto uno specchio,
come luccichio d'un'ala
è ancora mani, un ritornare dei tuoi fruscianti capelli,
un crepitare della luce vendicatrice,
luce o spada mortale che sul mio collo minaccia,
ma che giammai distruggerà questa unità del mondo.

(Vicente Aleixandre, 1898-1984)