martedì 30 novembre 2010

Sinking in the rain

In una nave che affonda gl'intellettuali sono i primi a fuggire. Subito dopo i topi e molto prima delle puttane.

(Vladimir Majakovskij, 1893-1930)

venerdì 26 novembre 2010

★ Amara terra mia

- Senti un po', tu che sei Pugliese, com'è Nichi Vendola?
- È ricchione!
- Ho capito, non intendevo in quel senso. Ho amici in Puglia che ne parlano molto bene, dicono che la regione è migliorata, visto che sei Pugliese anche tu volevo sapere la tua: com'è Nichi Vendola?
- È ricchione.

lunedì 22 novembre 2010

★ Onboard

- Newspapers?
- Yes, do you have La Repubblica?
- It's finished, do you want Il Sole 24 ore?
- No, thank you.
- Se vuoi appena ho finito ti presto Il Corriere della Sera.
- No, grazie, quello è buono per incartarci il pesce.

sabato 20 novembre 2010

Chi domanda comanda

Un recente sondaggio mostra come gli elettori degli Stati Uniti non considerino la Pena di morte un saggio impiego del denaro dei contribuenti. Dai risultati emerge anche che la maggior parte degli elettori degli Stati Uniti non ritiene la Pena di morte la punizione più appropriata per l'omicidio.

Pubblicato oggi [16 novembre] dal Death Penalty Information Center, per questo
studio completo riguardante la posizione dei cittadini sulla Pena di morte è stato preso in esame un campione di 1.500 votanti.

Nel sondaggio, come punizione più adeguata per l'omicidio, il 61% dei votanti preferisce misure alternative alla Pena di morte (il 39% è a favore del carcere a vita senza possibilità di rilascio sulla parola più un'ammenda in favore della famiglia della vittima, il 13% del carcere a vita senza possibilità di rilascio sulla parola e il 9% del carcere a vita con possibilità di rilascio sulla parola).

Alla richiesta delle personali priorità sull'uso dei fondi pubblici, la Pena di morte è finita in fondo alla lista. Tra le priorità principali sono stati indicati: servizi di soccorso, creazione di posti di lavoro, polizia e prevenzione della criminalità, scuole e biblioteche, servizi pubblici di assistenza sanitaria, strade e trasporti.

Nei sondaggi in cui ci si limita a chiedere se le persone sono favorevoli o contrarie alla Pena di morte, in genere emerge una maggioranza a sostegno della Pena capitale; ma è chiaro che quando sono incluse vere alternative - pene diverse e usi differenti delle risorse pubbliche - questo sostegno crolla.

Il sondaggio rivela anche che la maggior parte degli elettori (62%), o non è interessata a come i loro rappresentanti si esprimono sulla Pena di morte, o sarebbe pronta a sostenere un legislatore che abbia votato per abrogare l'uso della Pena capitale nel rispettivo stato.

Così i legislatori che ora stanno valutando l'abolizione della Pena di morte in Illinois, e quelli eletti in vari altri stati destinati a fare lo stesso nel 2011, possono farsi coraggio e votare per la fine delle esecuzioni in tutta serenità.

giovedì 18 novembre 2010

La metamorfosi

Riassunto delle puntate precedenti

A furia di identificarsi ossessivamente col suo uccello, nonostante settantaquattro anni e un paese da governare, Silvio B. si sveglia una mattina con la faccia da cazzo. Una mutazione kafkiana dai risvolti drammatici: il mutato infatti non ne è consapevole e il suo fedele domestico Bondi, per evitargli traumi devastanti a una certa età, non ha il coraggio di rivelare al suo dominus che ha una faccia un po' così, da cazzo, appunto, alla vigilia di grandi eventi politici.

(Stefano Disegni, Il Fatto Quotidiano)

martedì 16 novembre 2010

La pena di morte in Mongolia [News 01]

Il rappresentante della Mongolia ha affermato che, fino ad oggi, la Mongolia ha votato contro la risoluzione in quanto paese mantenitore della Pena capitale. Tuttavia, quest'anno, il Presidente ha istituito una moratoria sull'uso della Pena di morte in virtù della sua autorità di concedere la grazia. Egli ha indicato questa decisione come primo passo verso l'abolizione della Pena capitale. Inoltre è al vaglio del Parlamento una proposta di aderire al Protocollo sui diritti civili e politici, che ha per obiettivo proprio l'abolizione della Pena di morte. La Mongolia ha votato a favore del progetto di risoluzione in esame.

domenica 14 novembre 2010

Un nuovo farmaco letale in Oklahoma

Lo stato dell'Oklahoma ha recentemente presentato una istanza presso una Corte federale per chiedere che il penthobarbital, un anestetico usato per abbattere gli animali, sia ammesso in sostituzione del sodio thiopental nelle iniezioni letali. All'inizio di quest'anno, Hospira Inc., unico produttore certificato statunitense del sodio thiopental, ha annunciato di aver cessato la produzione del farmaco a causa della carenza di uno dei componenti costitutivi. Tale carenza ha costretto l'Oklahoma e altri stati a ritardare le esecuzioni e a cercare altri produttori della sostanza.

Gli avvocati di John David Duty, la cui esecuzione in Oklahoma è prevista per il 16 dicembre, hanno sollevato interrogativi sul penthobarbital affermando che, a tutt'oggi, "non è testato, è potenzialmente pericoloso e il suo uso potrebbe risolversi in un atto di tortura".

Gli sforzi per ottenere il sodio thiopental da altre fonti hanno dato vita a dispute legali in tutto il paese. Alcuni esperti ritengono che i detenuti siano sottoposti a un maggior rischio di provare forti dolori durante le esecuzioni qualora gli stati usino farmaci importati o non testati. Una sostanza proveniente dall'estero infatti potrebbe essere meno potente rispetto a quelle locali. Gli avvocati della difesa sostengono inoltre che il personale carcerario potrebbe non adottare misure adeguate per il trasporto del farmaco, esponendolo, per esempio, ad escursioni termiche che potrebbero limitarne l'efficacia.

Stephen Friot, Giudice federale di Oklahoma City, dovrebbe esaminare la relazione durante la prossima settimana. Ogni stato tende ad adottare i metodi di esecuzione usati dagli altri: se approvato, il penthobarbital potrebbe diventare il nuovo standard per le iniezioni letali in tutto il paese.

Il Dr. A. Jay Chapman, l'ex esaminatore medico dell'Oklahoma che nel 1970 ha sostenuto il thiopental come sostanza adatta alle iniezioni letali, recentemente ha espresso il proprio disinteresse in merito: "Se (i detenuti messi a morte) provano un po' di dolore nel lasciare questo mondo, per me non è motivo di grande preoccupazione".

mercoledì 10 novembre 2010

La vera prigione

Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un'intera generazione
E' il poliziotto che corre all'impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L'inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
È questo
È questo
È questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.

(Ken Saro-Wiwa, 1941-1995)

martedì 9 novembre 2010

Un eroe dei nostri tempi

Novembre 1995: ero a Città del Capo, quando giunse la notizia della condanna all'impiccagione, dopo un processo vergognosamente truccato, del grande scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa. Vi fu una mobilitazione di politici e intellettuali in tutto il mondo per salvarlo. Il presidente Mandela telefonò invano al suo collega nigeriano, il feroce dittatore generale Abacha. Ken Saro-Wiwa venne impiccato il 10 novembre, in circostanze terrificanti: la corda gli scivolava attorno al collo, e venne fatto più di un tentativo. Il corpo fu gettato in una fossa comune. Aveva 55 anni.

Fui sconvolto. Ken era un mio amico, tanto fermo nel suo impegno politico a favore degli Ogoni, popolazione del Delta del Niger vessata dalle compagnie petrolifere che vi operavano con la complicità dei vertici politici, quanto amabile e squisito. Ma soprattutto veniva unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi scrittori africani.
(Ken Saro-Wiwa nel ricordo di Claudio Gorlier)

Ken Saro-Wiwa fu impiccato insieme a otto suoi compagni dell'organizzazione MOSOP solo perché cercava di difendere pacificamente la causa del suo popolo, gli Ogoni, vittima dei terribili impatti socio-ambientali che troppo spesso le attività di estrazione petrolifera portano con sé nel Sud del mondo. Ancora oggi nella regione del Delta del Niger si continua ad inquinare l'ambiente e a violare i diritti umani nel nome dell'oro nero.

Il 10 novembre, Amnesty International, Aktivamente, Amisnet, Campagna per la riforma della Banca mondiale, Isola Quassud, Mani Tese, Servizio Civile Internazionale, Radio Popolare Roma e Brancaleone promuovono una serata di omaggio al grande scrittore, poeta e attivista a quindici anni dalla sua esecuzione da parte del governo nigeriano.

Tutte le info qui.

lunedì 8 novembre 2010

Sembrare ottimisti

Most Italians thought Silvio Berlusconi could not drag their country's reputation any lower.

(The Daily Telegraph online)

sabato 6 novembre 2010

Elie Wiesel: la Pena di morte non è la risposta

Il Dr. William Petit non ha partecipato alla lezione di Elie Wiesel sulla Pena di morte, ma martedì, alla Wesleyan University (Connecticut), per qualche minuto, il sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti ha parlato come se l'uomo che ha perso la moglie e le figlie nell'aggressione alla propria casa presso Cheshire fosse il suo unico spettatore.

"La tua ferita è aperta", ha detto Wiesel. "Non si rimarginerà. Sei in lutto, come posso non sentire il dolore del tuo cordoglio? Eppure la morte non è la risposta".

L'ottantaduenne premio Nobel per la Pace, scrittore e attivista per i diritti umani, ha detto che se la pena di morte potesse portare indietro le vittime forse cambierebbe opinione. Egli ha convenuto che gli assassini debbano essere puniti più severamente degli altri prigionieri. "Dovrebbero essere condannati ai lavori forzati", ha detto.

"La morte non è la risposta" è diventato il ritornello di Wiesel mentre si chiedeva cosa si potrebbe fare per aiutare i sopravvissuti ai crimini violenti, "in modo che le famiglie non si sentano prese in giro dalla legge".

Nato in Romania, Wiesel ha parlato a pieno titolo, avendo perso entrambi i genitori e una sorella nei campi di sterminio nazisti. Fuggì da Buchenwald nell'aprile del 1945, quando fu liberato dai soldati della Sesta Divisione Corazzata dell'esercito degli Stati Uniti. "So cosa significa", ha detto. "Conosco il dolore di chi sopravvive. Credetemi, io so cosa significa".

Wiesel ha parlato nella Memorial Chapel dell'Università, davanti a circa quattrocento studenti, professori e altri ospiti. In un linguaggio semplice e poetico, contraddistinto nella cadenza dalle sue origini est-europee, ha difeso la propria posizione contro la Pena di morte attraverso dei racconti del passato. Nella vicenda biblica di Caino e Abele, i due figli di Adamo, si dice che dopo aver ucciso il fratello Caino abbia chiesto a Dio, che si domandava dove si trovasse Abele: "Sono forse il guardiano di mio fratello?". "Penso che abbia voluto insegnarci che chi uccide, uccide suo fratello", ha commentato Wiesel.

In Israele, dove non c'è la Pena capitale, la cattura del criminale di guerra nazista Adolf Eichmann nel 1960 pose un dilemma. Una persona che ha organizzato lo sterminio di milioni di esseri umani dovrebbe essere messa a morte? "Fortunatamente non hanno chiesto la mia opinione", ha detto Wiesel, suscitando delle risate. Eichmann venne impiccato nel 1962, ma fu un'eccezione. "La legge resta legge", ha detto Wiesel. "Anche quando dei terroristi hanno ucciso centinaia di persone, neanche uno di loro è stato messo a morte".

L'intervento di Wiesel, durato circa un'ora, è stato segnato da due standing ovation da parte degli studenti e degli ospiti che avevano mandato a ruba i biglietti dopo poche ore dall'annuncio della sua visita. Verso la fine della lezione, qualcuno ha chiesto: "Cosa succederà quando non ci saranno più sopravvissuti alla Shoah?". Wiesel ha risposto che spera di non essere l'ultimo. Ed ha aggiunto che la Shoah non sarà dimenticata. "Credo con tutto il cuore", ha detto, "che ascoltare un sopravvissuto, ascoltare un testimone, significhi diventare testimoni noi stessi".

(Karen Florin, The Day)

giovedì 4 novembre 2010

Una volta sul Corriere ci scriveva Pasolini

Ma non ho mai pensato, a differenza di altri, che i suoi governi fossero inetti e impotenti. Mi sarebbe sembrato assurdo ignorare i risultati della lotta contro la criminalità organizzata, la riforma universitaria del ministro dell'Istruzione, gli entusiastici furori riformatori del ministro della Funzione pubblica, i passi compiuti sulla strada del federalismo fiscale, le missioni militari all'estero, l'attenzione dedicata ai problemi dell'energia, il progetto sulla legislazione del lavoro, la maggiore sensibilità per le opere pubbliche, certi interventi della Protezione civile, il recupero dell'evasione fiscale, la prudenza e l'abilità con cui è stata affrontata la crisi del credito. So che il bilancio deve tenere conto anche delle molte cose promesse e non fatte o fatte male. Ma se mi guardo attorno e confronto la politica italiana con quella di altri Paesi dell'Unione europea, non mi sembra che l'Italia, quando la partita si gioca sulle cose fatte e da fare, sia rimasta indietro.

(Sergio Romano su Berlusconi, corriere.it)

martedì 2 novembre 2010

Iwao Hakamada

Iwao Hakamada è rinchiuso nel braccio della morte dal 1968. Al termine di un processo irregolare, è stato condannato per l'omicidio, avvenuto nel 1966, del proprietario della fabbrica per la quale lavorava, della moglie di lui e dei due figli della coppia.

L'omicida ha prima accoltellato tutti i membri della famiglia e successivamente ha dato fuoco alla casa in cui abitavano. Dopo venti giorni di interrogatori condotti dalla polizia, senza essere assistito da un avvocato, Hakamada ha confessato di essere l'autore del crimine. In seguito ha ritrattato e, durante il processo, ha dichiarato di essere stato percosso e minacciato dalla polizia che lo ha obbligato a firmare la confessione. Hakamada sostiene che la polizia l'abbia afferrato ripetutamente per i capelli e l'abbia schiaffeggiato durante gli interrogatori che duravano anche dodici ore al giorno.

Ciononostante è stato giudicato colpevole e condannato a morte nel 1968. I suoi appelli sono stati respinti dall'alta Corte di Tokyo nel 1976 e dalla Corte suprema nel 1980. Ugualmente sono state respinte le richieste per ottenere un nuovo processo dalla Corte distrettuale di Shizuoka nel 1994, dall'alta Corte di Tokyo nel 2004 e dalla Corte suprema il 24 marzo 2008. Nell'aprile del 2008 gli avvocati della difesa hanno presentato alla Corte distrettuale di Shizuoka un altro appello.

Nel 2007, Kumamoto Norimichi, uno dei giudici che ha condannato a morte Hakamada, ha dichiarato pubblicamente di ritenere che l'uomo sia innocente e di averne discusso, durante il processo, con gli altri due giudici che però al momento del voto lo hanno messo in minoranza.

Si ritiene che Hakamada sia stato condannato a morte prevalentemente sulla base di una confessione estorta con l'uso della forza. Un elemento chiave delle prove contro di lui è costituito da alcuni vestiti macchiati del sangue delle vittime ritrovati abbandonati, presso la fabbrica nella quale lavorava, in una cisterna contenente miso liquido. Sebbene fossero di misura troppo piccola per la corporatura di Hakamada, l'accusa li considera importanti poiché ritiene possibile si siano ristretti mentre si trovavano immersi nella cisterna. Secondo l'avvocato della difesa, il coltello che si ritiene Hakamada abbia usato per commettere gli omicidi è troppo piccolo per poter provocare ferite mortali, e la porta dell'abitazione attraverso la quale si pensa l'omicida sia entrato e uscito era chiusa a chiave.

Hakamada è tra i condannati rinchiusi da maggior tempo nel braccio della morte e soffre di disabilità mentale provocata dalle condizioni detentive che includono l'isolamento e la mancanza di comunicazione con gli altri detenuti. La sua esecuzione potrebbe avvenire in qualsiasi momento.

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