martedì 30 marzo 2010

lunedì 29 marzo 2010

Il fattoide

La parola fattoide è stata coniata dallo scrittore Norman Mailer, che con essa intendeva indicare qualcosa che prima di comparire su un giornale o in tv non esiste.

Oggi telegiornali e programmi televisivi diffondono abbastanza frequentemente fattoidi. Un aspetto importante su cui riflettere è che essi possono influenzare le scelte politiche e di consumo.

La capacità persuasiva dei fattoidi deriva da tre fattori:

  • difficilmente si fa qualcosa per constatare la veridicità di fattoidi trasmessi dalla televisione o dai mass media;
  • la gratificazione che deriva dall'accettazione di un fattoide prevale sulla possibilità di metterlo in discussione. Spesso discutere di un fattoide è divertente e ci dà la possibilità di dimostrare quanto siamo informati;
  • i fattoidi creano la realtà. Vengono usati per costruire la nostra immagine del mondo. Essi vengono utilizzati per controllare la nostra attenzione e per fornirci una chiave di lettura della realtà.

Un fattoide, anche quando si è dimostrato falso, può continuare ad influenzare i nostri comportamenti.

(Hackerart)

domenica 28 marzo 2010

★ Io voto Nonna Papera

Vivi in Lombardia, volevi Civati e ti hanno dato Penati?
Vivi nel Lazio e sei costretto a scegliere tra chi proponeva di abrogare l'Articolo 18 e chi difende le aziende dai lavoratori?
Vivi in Campania e ti sorprende l'assenza del candidato Gambadilegno?

Fai come me, vai al seggio e sulla scheda scrivi: "Io voto Nonna Papera". Almeno lei sa fare le crostate e non imbuca Ciccio a Strasburgo. Nemmeno se è un suo parente.

venerdì 26 marzo 2010

Gli esiliati della tv

Lo Zimbabwe televisivo nel quale ci ha precipitato l'ossessione del premier ha toccato nella settimana elettorale il massimo di squallore. Alla vigilia del voto, i principali tg pubblici e privati, ormai entrambi di Berlusconi, sembravano cinegiornali dell'Istituto Luce.

La ponderatissima Autorità si è vista costretta a multare per centomila euro il Tg1 e il Tg5 a causa dell'evidente sproporzione di spazi dedicati al partito del premier rispetto all'opposizione. In crisi nei sondaggi, incapace ormai di riempire le piazze reali, Berlusconi ha deciso di occupare per intero la piazza mediatica, con un vero e proprio golpe televisivo. Per arrivare a questo risultato, ha dovuto stravolgere le regole come mai in precedenza, con una complicità strisciante della corte. La par condicio è stata tirata come un elastico fino a esplodere nella censura totale dei programmi scomodi. La natura mollemente governativa del Tg1 è stata geneticamente mutata fino a trasformarlo in una specie di supplemento video dei pieghevoli elettorali. Una vergogna mai toccata in mezzo secolo di Rai. Il principale telegiornale pubblico usato come un manganello contro la metà del Paese che non vota Berlusconi e che pure paga il canone, gli stipendi dei giornalisti galoppini e ora anche le salate multe procurate dalla loro mancanza di dignità professionale. Per tutte queste vicende, del resto, Berlusconi è indagato dalle procure per concussione e minacce.

Il tocco finale di grottesco è arrivato ieri sera con la puntata di Annozero costretta all'esilio sul web e sul satellite. La serata del Paladozza è stata bella e gioiosa, a parte qualche caduta di stile, ma rischia di essere consolatoria. Non basta qualche ora d'aria per evadere da questo carcere televisivo. È meglio non farsi illusioni su un rapido ritorno alla normalità, dopo le elezioni. Sia pure alla strana, anomala normalità del panorama dell'informazione italiana. C'è un disegno disperato ma preciso dietro l'occupazione governativa della piazza mediatica. La solita voglia autoritaria di arrivare allo stato d'eccezione permanente. La tentazione di cambiare il patto fra i cittadini, la Costituzione stessa, a colpi di gazebo e di televisione. L'ultimo, ma minaccioso, colpo di coda di un populismo ormai al capolinea.

(Curzio Maltese, repubblica.it)

martedì 23 marzo 2010

Il guaritore

(stavo per fare un post su questa ennesima vergogna, ma Gramellini è stato più veloce e ovviamente più bravo)

L'altra sera, girovagando fra i canali, mi sono imbattuto in un volto ispirato che, dal palco di una piazza, inneggiava all'amore e urlava: entro il 2013 vogliamo vincere il cancro. Giuro, diceva proprio così. Vo-glia-mo vin-ce-re il can-cro. Non la disoccupazione. E nemmeno lo scudetto. Il cancro, «che ogni anno colpisce 250 mila italiani». Sulle prime ho sperato fosse il portavoce del professor Veronesi e ci stesse annunciando uno scoop mondiale. Così ho telefonato a uno dei 250 mila, un caro amico che combatte con coraggio la sua battaglia, e gli ho dato la grande notizia. Come no?, ha risposto, adesso però ti devo lasciare perché sono a cena con Vanna Marchi.

Ho degli amici molto spiritosi. Mi auguro che tutti i malati e i loro parenti la prendano allo stesso modo. E anche tutti i medici che in ogni angolo del pianeta si impegnano per raggiungere quell'obiettivo. In Italia con qualche problema in più, dato che il governo che entro tre anni intende vincere il cancro ha ridotto i fondi per la ricerca scientifica. Vorrei sorriderne, come il mio amico. Ma stavolta non ci riesco. Ho perso i genitori e tante persone care a causa di quel male. E allora: passi per le barzellette, le favole e persino le balle. Fa tutto parte del campionario di iperboli del bravo venditore e il pubblico ormai è assuefatto allo show. Ma anche a un'alluvione bisogna mettere un argine. Bene, per me il cancro rappresenta quell'argine. Non è: un milione di posti di lavoro. Non è: meno tasse per tutti. Il cancro è una cosa seria. E lui, che lo ha avuto e lo ha vinto, dovrebbe saperlo.

(Massimo Gramellini, Buongiorno)

venerdì 19 marzo 2010

La palestra del cervello

Con una scelta in palese controtendenza, a Versailles hanno aperto la prima palestra per il cervello. All'ufficio-iscrizioni non prevedono code. L'obiettivo è rafforzare la capacità di concentrazione degli esseri umani. Ho cercato di leggere la notizia fino in fondo, ma a metà della seconda frase è suonato il telefono, sono arrivate due mail, un collega è entrato nella mia stanza e in tv il Fulham ha fatto il quarto gol alla Juve. Restare fermi su qualsiasi oggetto per più di un nanosecondo è ormai diventato un gesto contro natura. Le interruzioni pubblicitarie durante i film erano una coltellata, adesso le aspettiamo come da ragazzi la campanella alla fine delle lezione. A teatro ho visto persone battere nervosamente i piedi dopo appena un quarto d'ora: e non perché lo spettacolo fosse brutto, ma per l'incapacità di seguire il filo del discorso (la nuova unità di misura della nostra mente è lo spot).

Ecco, dopo gli strappi, le pause, le discese ardite e le risalite, sono infine giunto al culmine della notizia: la palestra curerà il cervello attraverso i libri. Che bella scoperta. Solo la lettura muove i muscoli dell'astrazione e i meccanismi arrugginiti della riflessione. Ma per funzionare ha bisogno di non essere interrotta continuamente dagli stimoli superficiali e invadenti della realtà. Vittorio Alfieri si faceva legare a una sedia per scrivere. Noi, di questo passo, per leggere. Il cervello è un amante esclusivo. Si riaccende solo quando spegni tutto il resto.

(Massimo Gramellini, Buongiorno)

mercoledì 17 marzo 2010

Mediaset è una cosa mia

Il Parlamento aveva votato la legge Gasparri e l'aveva trasmessa a Ciampi per la firma di promulgazione. Presentava, agli occhi del Capo dello Stato, svariati e seri motivi di incostituzionalità e mortificava quel pluralismo dell'informazione che è un requisito essenziale in una democrazia e sul quale, appena qualche mese prima, Ciampi aveva inviato al Parlamento un suo messaggio.

La colazione era da poco iniziata quando Ciampi informò il suo ospite del suo proposito di rinviare la legge alle Camere, come la Costituzione lo autorizza a fare motivando le ragioni del rinvio e i punti della legge da modificare. Berlusconi non si aspettava quel rinvio. Si alzò con impeto e alzò la voce dicendo che quella era una vera e propria pugnalata alla schiena.

Ciampi (così il suo racconto) restò seduto continuando a mangiare ma ripeté che avrebbe rinviato la legge al Parlamento. L'altro gli gridò che la legge sarebbe stata comunque approvata tal quale e rinviata al Quirinale e aggiunse: "Ti rendi conto che tu stai danneggiando Mediaset e che Mediaset è una cosa mia? Tu stai danneggiando una cosa mia".

A quel punto si alzò anche Ciampi e gli disse: "Questo che hai appena detto è molto grave. Stai confessando che Mediaset è cosa tua, cioè stai sottolineando a me un conflitto di interessi plateale. Se avessi avuto un dubbio a rinviare la legge, adesso ne ho addirittura l'obbligo". "Allora tra noi sarà guerra e sei tu che l'hai voluta. Non metterò più piede in questo palazzo".

Uscì con il fido Letta. Ciampi rinviò la legge. Il premier per sei mesi non mise più piedi al Quirinale.

(Eugenio Scalfari, La Repubblica)

lunedì 15 marzo 2010

La nomina

L'episodio concernente la nomina dei tre giudici della Consulta nella quota che la Costituzione riserva al Presidente della Repubblica, avvenne nella sala della Vetrata del Quirinale. Erano presenti il segretario generale del Quirinale, Gifuni, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. I temi da discutere erano due: i rapporti con la Commissione europea di Bruxelles dove il premier doveva recarsi per risolvere alcuni importanti problemi e la nomina dei tre giudici.

Esaurito il primo argomento Ciampi estrasse da una cartella i tre provvedimenti di nomina e comunicò a Berlusconi i nomi da lui prescelti. Berlusconi obiettò che voleva pensarci e chiese tempo per riflettere e formulare una rosa di nomi alternativa. Ciampi gli rispose che la scelta, a termini di Costituzione, era di sua esclusiva spettanza e che la firma del presidente del Consiglio era un atto dovuto che serviva semplicemente a certificare in forma notarile che la firma del Capo dello Stato era autentica e avvenuta in sua presenza. Ciò detto e senza ulteriori indugi Ciampi prese la penna e firmò passando i tre documenti a Berlusconi per la controfirma.

A quel punto il premier si alzò e con tono infuriato disse che non avrebbe mai firmato non perché avesse antipatia per i nomi dei giudici ma perché nessuno poteva obbligarlo a sottoporsi ad una scelta che non derivava da lui, fonte unica di sovranità perché derivante dal popolo sovrano.

La risposta di Ciampi fu gelida: "I documenti ti verranno trasmessi tra un'ora a Palazzo Chigi. Li ho firmati in tua presenza e in presenza di due testimoni qualificati. Se non li riavrò immediatamente indietro da te controfirmati sarò costretto a sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale. "Ti saluto" rispose altrettanto gelidamente Berlusconi e uscì dalla Vetrata seguito da Letta. In serata i tre atti di nomina tornarono a Ciampi debitamente controfirmati.

(Eugenio Scalfari, La Repubblica)

giovedì 11 marzo 2010

mercoledì 10 marzo 2010

Prove di dittatura

(email inviata da Dario Stelitano all'ufficio commerciale di Facebook in Italia. In attesa di cortese risposta)

Scrivo la presente per avere informazioni riguardo la chiusura del gruppo da me fondato "Colpo di Stato, Berlusconi golpista - copia e diffondi" che proponeva di scrivere queste quattro semplici parole sulle banconote.

Il gruppo è stato chiuso nel tempo record di un giorno e mezzo dalla sua fondazione, senza peraltro darne nessun avviso o preavviso o motivazione al sottoscritto.

Desidererei conoscerne i motivi, quale condizione d'uso il gruppo avrebbe violato o quale articolo del codice penale.

Il gruppo mette in atto e propone una forma di protesta non violenta secondo quanto sancito dall'Art. 21 della Costituzione Italiana: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".

Scrivere sulle banconote esclusivamente quattro parole mi sembra chiaro non costituisca reato come si evince da quest'articolo, a meno di non arrestare anche tutti gli addetti di banca e poste che vi scrivono sopra come di consuetudine.

La bacheca del gruppo, come si può vedere, è diventata anche luogo di confronto con chi quest'iniziativa non la condivide, ed anche a detta loro, civile e democratico come da loro stessi scritto. Questo è infatti lo scopo del gruppo. Creare momenti di dibattito in rete e non, in un Paese che ne sente sempre più il bisogno, anche alla luce della chiusura di programmi di approfondimento politico da parte della Rai in periodo di campagna elettorale.

Mi viene da pensare, spero non sia così, che venga considerato reato il fatto di dire che il capo di governo il 5 marzo ha messo in atto una manovra golpista nel nostro paese modificando ciò che la Costituzione non gli permette di fare, il che può essere un reato di opinione punibile a querela di parte (ovvero da parte di Berlusconi: querela che appenderei come un onore a casa mia per farla vedere ai miei figli).

Con la presente quindi si chiedono motivazioni della chiusura e riapertura dello stesso gruppo, dandone comunicazione al sottoscritto.

La presente viene diffusa online, tramite social network e blog, agli altri utenti della rete, inviata in copia anche all'ufficio stampa di Facebook.

In attesa di risposta.

Dario Stelitano


Update: dopo un giorno di proteste Facebook «si è scusato dell'errore» e il gruppo è stato riaperto.

martedì 9 marzo 2010

★ Brividi

In un articolo de Il Fatto Quotidiano di oggi si parla del colloquio tra Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano a proposito del tristemente noto decreto salva-liste.

Il ducetto di Arcore avrebbe rivolto le seguenti parole al Presidente della Repubblica: "Tra noi due sono io quello eletto dal popolo. E se ti metti di traverso vado avanti anche senza di te. Sei finito".

In attesa di smentite, rispondo con le parole immortali di Piero Calamandrei:

Su queste strade se vorrai tornare
Ai nostri posti ci ritroverai
Morti e vivi collo stesso impegno
Popolo serrato intorno al monumento
Che si chiama
Ora e sempre
Resistenza.

lunedì 8 marzo 2010

★ Regole

Ieri vado alla manifestazione viola a Piazza Navona e arrivo con lo scooter a Piazza Venezia. L'accesso a via dei Fori Imperiali, dove c'è un parcheggio per i motocicli, è transennato dai Vigili Urbani.

Mi avvicino e chiedo dove sia un altro parcheggio nelle vicinanze. La vigilessa mi invita a passare lo stesso. Ribatto che ci sono pedoni che stanno venendo in senso contrario (sono pure parecchi, c'è l'isola pedonale e io ho un Burgman 250, non un motorino). Mi risponde di procedere facendo attenzione e costeggiando il bordo delle transenne.

Sono andato a parcheggiare da un'altra parte.

domenica 7 marzo 2010

Li soprani der monno vecchio

Cera una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st'editto:
«Io so' io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.

Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant'er mazzo:
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l'affitto.

Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo».

Co st'editto annò er Boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposeno tutti: «È vvero, è vvero».

(Giuseppe Gioacchino Belli, 1791-1863)

sabato 6 marzo 2010

Le parole per dirlo

(ancora a proposito delle liste elettorali per le elezioni Regionali)

Gli elettori del centrodestra non sono incolpevoli della mediocrità di chi li rappresenta. Li hanno votati, sostenuti, difesi, per anni. Hanno votato esattamente ciò che li rende orfani dei loro simboli oggi: l'inettitudine incosciente e vittimista.

Allo stesso modo – per carità – molti elettori del centrosinistra non sono incolpevoli della inadeguatezza dell'opposizione e della insipienza dei loro rappresentanti: li hanno pigramente votati turandosi il naso ogni volta. Ma questo è un altro discorso.

(Luca Sofri su Wittgenstein, un blog che non mi piace perché non si può commentare)

giovedì 4 marzo 2010

Sobrie reazioni

(una delle sobrie reazioni della destra italiana ai casini commessi dal Pdl nella presentazione delle liste per le elezioni Regionali)

«Non voglio neppure immaginare che cosa accadrebbe se le liste cancellate non venissero riammesse. Milioni di elettori si sentiranno privati del diritto di votare. E tra questi milioni qualche migliaio certamente reagirà. Non certo con comunicati di protesta. Bensì con azioni più decise: scontri di piazza, aggressioni ai candidati dell'opposizione, assalti ai seggi elettorali».

(Giampaolo Pansa, Libero, ripreso da Piovono Rane)

martedì 2 marzo 2010

★ I mannari [NDT 11]

Loshad illustra l'ubicazione della tana dei mannari e se ne va, con la promessa di tornare a mezzanotte dopo tre giorni esatti.

I PG devono muoversi in fretta, il posto non è vicinissimo, ma comunque riescono ad arrivare sul luogo con un giorno d'anticipo e cercano di studiare la situazione e organizzare un piano. La notte successiva si appostano e aspettano che i mannari vadano a caccia lasciando gli altri lupi nella tana, in modo da poter affrontare il combattimento in due tempi ed eventualmente curarsi fra uno scontro e l'altro.

Le cose però non vanno esattamente come avevano previsto: dopo che i mannari sono usciti, i PG entrano nella tana e iniziano a combattere con i lupi rimasti, ma questi richiamano il resto della muta, mannari compresi, e la compagnia si trova tra due fuochi.

Gilgamesh in particolare se la vede brutta, il capo branco è grosso e si muove velocemente e riesce ad azzannarlo più di una volta. Ciononostante, seppur malconci, i PG riescono ad avere la meglio, ma oltre a Gilgamesh anche Kal'el viene morso ed entrambi rischiano di contrarre la licantropia.

Durante il viaggio di avvicinamento alla tana dei mannari, la compagnia nota in lontananza tre tumuli su una collina. La tentazione è forte, ma il tempo stringe, quindi decidono che li esploreranno in seguito: all'ora e al giorno convenuti si recano all'appuntamento con Loshad e gli consegnano le teste di Bailalask e Kalkask. L'uomo-cavallo mantiene la promessa e rivela l'ubicazione delle rovine di Xitaqa.