venerdì 26 marzo 2010

Gli esiliati della tv

Lo Zimbabwe televisivo nel quale ci ha precipitato l'ossessione del premier ha toccato nella settimana elettorale il massimo di squallore. Alla vigilia del voto, i principali tg pubblici e privati, ormai entrambi di Berlusconi, sembravano cinegiornali dell'Istituto Luce.

La ponderatissima Autorità si è vista costretta a multare per centomila euro il Tg1 e il Tg5 a causa dell'evidente sproporzione di spazi dedicati al partito del premier rispetto all'opposizione. In crisi nei sondaggi, incapace ormai di riempire le piazze reali, Berlusconi ha deciso di occupare per intero la piazza mediatica, con un vero e proprio golpe televisivo. Per arrivare a questo risultato, ha dovuto stravolgere le regole come mai in precedenza, con una complicità strisciante della corte. La par condicio è stata tirata come un elastico fino a esplodere nella censura totale dei programmi scomodi. La natura mollemente governativa del Tg1 è stata geneticamente mutata fino a trasformarlo in una specie di supplemento video dei pieghevoli elettorali. Una vergogna mai toccata in mezzo secolo di Rai. Il principale telegiornale pubblico usato come un manganello contro la metà del Paese che non vota Berlusconi e che pure paga il canone, gli stipendi dei giornalisti galoppini e ora anche le salate multe procurate dalla loro mancanza di dignità professionale. Per tutte queste vicende, del resto, Berlusconi è indagato dalle procure per concussione e minacce.

Il tocco finale di grottesco è arrivato ieri sera con la puntata di Annozero costretta all'esilio sul web e sul satellite. La serata del Paladozza è stata bella e gioiosa, a parte qualche caduta di stile, ma rischia di essere consolatoria. Non basta qualche ora d'aria per evadere da questo carcere televisivo. È meglio non farsi illusioni su un rapido ritorno alla normalità, dopo le elezioni. Sia pure alla strana, anomala normalità del panorama dell'informazione italiana. C'è un disegno disperato ma preciso dietro l'occupazione governativa della piazza mediatica. La solita voglia autoritaria di arrivare allo stato d'eccezione permanente. La tentazione di cambiare il patto fra i cittadini, la Costituzione stessa, a colpi di gazebo e di televisione. L'ultimo, ma minaccioso, colpo di coda di un populismo ormai al capolinea.

(Curzio Maltese, repubblica.it)

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