Non si può negare che i membri dei gruppi Romanì abbiano maggiore difficoltà nell'accedere a un lavoro regolare. Questo però è dovuto a diversi fattori: il basso tasso di scolarizzazione e formazione professionale, la mancanza di stabilità abitativa che permetta di stabilire relazioni contrattuali coi datori di lavoro e la discriminazione, che in alcuni casi costringe a nascondere la propria appartenenza etnica, pena la negazione o la rescissione del rapporto di lavoro.
È anche noto che i Romanì che vivono nei campi nomadi hanno spesso impieghi informali nell'edilizia, in imprese di pulizia o si dedicano all'assistenza domestica e alla raccolta di materiali di scarto, quando addirittura non abbiano costituito cooperative di lavoro nei settori della sartoria, degli sgomberi di cantine, nel giardinaggio, nei servizi.
Tra le soluzioni lavorative dei membri delle comunità Romanì ci sono, per esempio, il Laboratorio di Cucito di Rho, la Cooperativa Artezian di Bari, il Laboratorio Manifatture Donne Rom e la Cooperativa Baxtalo-Drom di Roma, la Pistoia Radìa di Pistoia e la Cooperativa Laci Buti di Milano.
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1 giorno fa
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