domenica 19 dicembre 2010

Io le credo

Alice, studentessa di Scienze politiche alla "Sapienza", i capelli lisci di un nero corvino, gli occhi vispi, l'accento sardo addolcito in cinque anni da fuorisede, si accarezza l'ematoma violaceo che le gonfia lo zigomo e la palpebra destra. Sorride: "Non è qui che ho preso le manganellate. Quelle me le hanno date alla schiena e alla testa. Però mi hanno spiegato che dopo un po' l'ematoma scende...".

Le manca una scarpa da martedì ("l'ho persa cadendo"). Ha fame e freddo. "Abbiamo passato la notte in via Patini, dove fanno il fotosegnalamento. Ci hanno messo in uno stanzone senza una sedia o una panca in cui hanno tenuto sempre aperte le finestre. Niente da mangiare, niente da bere".

Non riesce a dimenticare le parole di quando è stata caricata sul pavimento del cellulare dopo l'arresto: "Ci hanno legato i polsi con le stringhe di plastica e un poliziotto ci ha detto che ci avrebbero fatto vedere cosa era successo a Bolzaneto. Finché non è arrivato un superiore che ha ordinato di non toccarci".

Anche al commissariato "Trevi" ci sono stati momenti complicati. Alice ha una smorfia di pudore: "Diciamo che non ho voglia di ripetere cosa mi ha detto uno degli agenti che ci sorvegliavano".

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