mercoledì 20 ottobre 2010

★ Medici Contro la Tortura

Sono due volte che ho la fortuna di partecipare a un incontro con Andrea Taviani. La prima fu durante un corso di formazione di Amnesty International sulla Pena di morte e la seconda è stata venerdì scorso, alla Fondazione Europea "Constantin Dragan", per il conferimento del "Premio Italia Diritti Umani 2010".

Andrea è il presidente di "Medici Contro la Tortura", una associazione di volontariato che offre assistenza e cura alle vittime di tortura e di trattamenti infamanti provenienti da qualsiasi paese del mondo.

Per dire cosa mi ha colpito di più dei suoi interventi userò le sue stesse parole:
C'è un medico che sta compiendo una visita di routine, un elettrocardiogramma, un esame ginecologico o una visita odontoiatrica. Improvvisamente il paziente reagisce in maniera ingiustificata, diventa insofferente, cade addirittura nel panico. Per quale motivo quella persona si inalbera e mostra sofferenza? Forse perché è straniera? Capisce male la nostra lingua e non conosce le più normali procedure di una visita medica?
Non è così. Basta uno sguardo per rendersene conto. E allora perché? Alla fine, il medico capisce quel che non immaginava: credeva di visitare una persona straniera, emigrante, fuoriuscita; scopre una vittima della tortura. Basta un niente per farla ripiombare nel ricordo della violenza che un giorno le infersero. La tortura non rimane soltanto come un ricordo da incubo. È una memoria che resta incisa nel corpo.
Se si escludono i film che trattano l'argomento anche solo sfiorandolo, sicuramente quello della tortura non è un tema in cui ci si imbatte nella vita di tutti i giorni. A me per esempio è capitato di conoscere solo una persona vittima di tortura, nel 1990, quando visitai il Museo della Liberazione di via Tasso, ex-carcere della Polizia di sicurezza nei mesi dell'occupazione nazista di Roma. Il custode di allora portava ancora addosso i segni delle crudeltà a cui era stato sottoposto: condizioni di detenzione disumane, percosse, denti e unghie strappati.

Per aiutare in modo diretto chi è stato vittima di tortura servono competenze mediche. Ma il nostro contributo può essere anche indiretto, sostenendo economicamente questo gruppo di operatori sanitari che dalla seconda metà degli anni ottanta svolge un lavoro davvero encomiabile.

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