La percezione comune che chi abita le baraccopoli sia un criminale ha un fondamento di verità: l'esclusione sociale pone decisamente a rischio di sfruttamento criminale chi non ha mezzi di sussistenza, e la discriminazione nell'accesso al lavoro può costringere a forme di microcriminalità per la sopravvivenza.
Ma questo discorso non può essere generalizzato a un intero gruppo: la responsabilità degli atti è individuale e i giudizi vanno dati caso per caso e persona per persona. Inoltre, la segregazione, la discriminazione e la mancanza di politiche miranti all'integrazione o all'interazione, non vanno nella direzione di una risoluzione dei problemi. Infatti è stato osservato come la politica segregazionista contraddica le stesse intenzioni degli attuatori, che spesso mettono l'accento sui provvedimenti di pubblica sicurezza e di controllo sociale della popolazione romanì.
L'isolamento e la scarsa visibilità dei campi favoriscono invece "l'occultamento e la dissimulazione degli elementi pericolosi", aggravando la situazione dal punto di vista della incolumità di chi vive sia nei campi, sia nei quartieri ospitanti, e peggiorando il giudizio negativo su chi nei campi ci vive.
La lotta (clericale) contro i tumori
1 giorno fa
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