Ce lo insegna il ciclo della Rivoluzione francese, chiuso dalla nuova Costituzione del 1799 (Anno VIII). Che non sancisce ancora la dittatura di Napoleone Bonaparte, ma due punti fondamentali di riforma costituzionale che le sbarrano definitivamente le porte.
1) La subordinazione del parlamento al governo. L'Assemblea legislativa, recitava il testo del 1799, viene divisa in tre organi: il Consiglio di Stato, che prepara le leggi senza discuterle e approvarle, il Tribunato, che le discute senza approvarle, e il Corpo Legislativo, che le approva senza discuterle; inoltre, vi si leggeva, i membri sono eletti dal popolo, ma scelti e nominati da un triumvirato di tre consoli, Primo Console Napoleone Bonaparte, che detiene il potere esecutivo (art. 39). Dunque, un'Assemblea legislativa svilita, resa totalmente impotente a legiferare, e totalmente dipendente, nella sua elezione e composizione interna, dalla volontà del governo e di Napoleone.
2) La sottomissione della magistratura al potere esecutivo, in particolare al Primo Console (il primo primus super pares?). Le cariche sono elettive, ma i giudici da eleggere, in analogia con i deputati parlamentari, sono scelti dal Primo Console; al che si connette la riforma autoritaria della giustizia: nei tribunali criminali l'accusatore pubblico è un commissario governativo (art. 63).
3) Il consenso e l'appoggio ecclesiastico.
Questo punto, assente nella riforma costituzionale del 1799, fu però decisivo per il consolidamento della dittatura personale di Napoleone, presto autoincoronatosi imperatore nella cattedrale di Nôtre Dame, a Parigi, nel 1803, dove riceve la benedizione di papa Pio VII. Ma non senza aver prima firmato, nel 1801, il Concordato con la Chiesa cattolica. Che, anche se non elevava il cattolicesimo a religione di Stato, la riconosceva tuttavia come «religione della maggioranza dei francesi». Con tutta una conseguente serie di accordi di carattere fiscale e proprietario tipici della politica concordataria della Chiesa.(Michele Martelli, MicroMega)
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