martedì 24 agosto 2010

Nelle forme e nei limiti della Costituzione

Ai tempi dell'Università – parlo del 1992-93 –, il professore di Scienza della Politica ci fece studiare (anche) su un volumetto da lui curato intitolato Piccolo Thesaurus Politico. Era un utile compendio, anzi: una bussola. Serviva per non smarrirci, per non perdere il senso delle parole, dei termini spesso usati a sproposito dai giornali e dalle televisioni in un'epoca, peraltro, in cui ancora non esisteva il berlusconismo politico come lo conosciamo oggi.
Il PTP sarebbe ancor più importante oggi e servirebbe parecchio a certi politici d'alto rango che straparlano.

Per esempio, stamani il ministro della Giustizia – quindi, in teoria, uno che la legge la dovrebbe conoscere – ha detto: "La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo quindi un governo che vede all’opposizione chi ha vinto le elezioni viola la Carta costituzionale".

Allora, mettiamo i puntini sulle i. L'articolo 1 della Costituzione dice che sì, la sovranità appartiene al popolo, il quale, però, "la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
La forma, dunque. Qual è la forma? Ce lo spiega l'articolo 94 della Carta: "Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere". La forma di governo è parlamentare. Ossia, la maggioranza dei senatori e dei deputati deve votare la fiducia a un governo; qualsiasi esecutivo, guidato da chicchessia, riceva la fiducia dalla maggioranza dei senatori e dei deputati è legittimo. Così è stato – sempre! – dal 1948 ad oggi.

Dice: ma la volontà popolare deve essere rispettata e la volontà popolare si è espressa inequivocabilmente a favore di Berlusconi presidente del Consiglio.
Vero solo in parte. Perché è giusto che la maggioranza degli italiani ha voluto Berlusconi presidente del Consiglio, ma sulla base di cosa? Di una legge elettorale. La legge elettorale è di tipo ordinario, quindi gerarchicamente è un gradino sotto la legge costituzionale. Ne deriva che tra "il governo deve avere la fiducia delle due Camere" e "sulla scheda elettorale c'era scritto Berlusconi presidente" prevale il primo assunto.

Ancor più importante. In realtà, i cittadini eleggono non un governo (perché, come si è visto, esso promana da una qualsivoglia maggioranza parlamentare), ma i loro rappresentanti in Parlamento: ossia, eleggono Denis Verdini, Massimo D'Alema, Antonio Di Pietro e così via. Saranno poi Denis Verdini, Massimo D'Alema e Antonio Di Pietro e così via a votare o meno la fiducia a un governo. Dicesi, per l'appunto, "democrazia rappresentativa". E giova ricordare che Denis Verdini, Massimo D'Alema e Antonio Di Pietro e così via nel votare o meno la fiducia sono assolutamente liberi perché – in base all'articolo 67 della Costituzione, "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".
Senza vincolo di mandato.
Significa che un elettore non può dire a un eletto "ti ho votato perché tu sostenga Berlusconi". O, meglio, glielo può anche dire, ma l'eletto ha tutto il diritto – costituzionale! – di votare come vuole, pure contro Berlusconi. Altrimenti non esisterebbe l'articolo 94 della Costituzione: ossia, il voto di fiducia e la possibilità (art. 94 co. 4) di votare contro le proposte del Governo.

Di più. L'articolo 68 sancisce che "I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere (...) dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni".

Mi è parso giusto scrivere queste noterelle di semplice diritto costituzionale perché nelle prossime settimane e, temo, nei prossimi mesi il tormentone dell'attuale maggioranza sarà quello ampiamente prevedibile: un governo tecnico sarebbe un golpe, sarebbe illegittimo, la legge elettorale prevede il nome sulla scheda... e tutto il repertorio della più becera propaganda.

Il ministro Alfano farebbe bene a rileggersi le discussioni in Assemblea costituente. In particolare, cosa dissero il liberale Aldo Bozzi il 5 settembre 1946 circa il voto di fiducia, il liberale Luigi Einaudi il 27 settembre 1946 a proposito della sovranità popolare e tutta la discussione sviluppatasi il 19 settembre 1946 sul mandato dei parlamentari. E dopo essersi riletto questi passaggi di storia costituzionale del nostro Paese, Alfano potrebbe prendere un pallottoliere e cominciare a contare se ci sono 316 deputati e 162 senatori disposti a sostenere un governo guidato da qualcuno che non sia Silvio Berlusconi. Se ci sono, si metta l'animo in pace perché quell'esecutivo sarà legittimo. Spetterà poi ai cittadini elettori, alle successive politiche, condannare (o, perché no?, approvare) il comportamenti degli eletti che si ripresentano al giudizio delle urne: la sovranità appartiene al popolo!

Maroni ha chiosato: "è senso comune che siamo in un regime presidenziale". Ecco, questa frase è sintomo di un'ignoranza dell'abc giuridico (e il ministro dell'Interno faceva pure l'avvocato) molto grave per un uomo delle istituzioni. Nel diritto costituzionale non esiste un senso comune che possa andar contro le disposizioni scritte della Carta. Dicesi "Costituzione rigida" quel testo che può essere emendato o modificato o abrogato solamente da legge avente pari rango. La gerarchia, nell'ordinamento giuridico italiano, è: 1. legge costituzionale; 2. legge ordinaria; 3. usi e costumi.
Altrimenti, è senso comune che Maroni è un incompetente.

(nonunacosaseria)

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