Per tutto il tempo trascorso in attesa che il concerto iniziasse aveva messo a fuoco i motivi per cui detestava andare alle feste. Il più importante era indubbiamente dover assistere alle scene pietose in cui i ragazzi, pur di rimediare una scopata, si mettevano a far moine alle ragazze senza mostrare un briciolo di dignità. Vedeva i loro occhi cambiare luce, i loro volti che trasfiguravano a ogni parola nello sforzo di compiacere l'interlocutrice di turno, sentiva frammenti di discorsi in cui trogloditi senza speranza di redenzione rinnegavano persino la passione per lo sport nazionale. Non era una questione di correttezza, non verso l'altro almeno, ma di rispetto per sé stessi: lui non avrebbe mai toccato il fondo in quel modo. Pensò che il bisogno di sesso facesse compiere degli atti vergognosi senza necessariamente doversi trasformare in violenza, che annebbiasse letteralmente il cervello. E in alcuni casi, indubitabilmente, ci voleva davvero poco ad avere ragione di quell'organo pensante.
Quando era giunto al limite della sopportazione e aveva ingannato l'attesa in tutti i modi possibili, il trio salì sul palco. Non si trattava di una band molto nota e questo gli aveva risparmiato l'ascolto di uno di quei gruppi spalla imbarazzanti: in anni e anni di concerti ben poche volte era riuscito ad assistere ad aperture dignitose, e così la noia dell'attesa era stata prolungata da interminabili performance di ragazzini pieni di boria completamente ignari della loro inettitudine.
La lotta (clericale) contro i tumori
1 giorno fa
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