domenica 28 giugno 2009

La piazza e il voto

Dicesi opposizione qualcosa che si oppone. Si può dunque chiamare opposizione il centrosinistra che da quattro anni e mezzo siede nel Parlamento italiano insieme alla maggioranza di Silvio Berlusconi? La risposta, per comodità, l'anticipiamo subito: no.

Lasciamo da parte le parole, le denunce e i proclami, che non mancano mai. Guardiamo machiavellicamente ai fatti. Quante volte, dal 2001 a oggi, l'opposizione è riuscita a mettere davvero in difficoltà il governo sulle scelte importanti? Mai. Quante volte ci ha davvero provato? Raramente. E quando ci ha davvero provato? In una sola occasione, molto recente: la legge elettorale proporzionale, con cui il Cavaliere ha modificato le regole del gioco della partita in zona Cesarini. "Bloccheremo il Parlamento" hanno annunciato, quasi stupiti di se stessi, i leader dell'Unione.

Dopo quattro anni di leggi vergogna, ad personam, incostituzionali, quando si decide di "bloccare il Parlamento" con un vero e strenuo ostruzionismo e si organizza addirittura una manifestazione di piazza? Quando ci sono di mezzo i voti. Quando invece c'erano di mezzo i valori, come la libertà d'informazione, la giustizia, la pace, i diritti dei lavoratori, l'ambiente, nulla di tutto questo: "moderare i toni", "non demonizzare", "attenti alla piazza".

Poco da stupirsi, allora, se in piazza contro la proporzionale arrivano 60 mila persone, certamente meno delle 100 mila (comunque poche) decantate dagli organizzatori.
Il 21 marzo 2002, al Circo Massimo con la Cgil di Sergio Cofferati contro la riforma dell'articolo 18, erano in tre milioni.
Il 14 settembre 2002, in piazza San Giovanni con i girotondi contro la legge Cirami, più di un milione.

Ma allora i partiti della cosiddetta opposizione subivano, non gradivano, spaccavano il capello in quattro sul "boomerang della piazza".
Poi ci sono scesi anche loro, ma solo quando gli rubavano i voti. E, almeno a sentirli parlare, sono pronti a rifarlo se gli ruberanno qualche poltrona in tv: a ogni minaccia berlusconiana di abolire la par condicio, annunciano "guerra totale". Cosa importante, la par condicio in campagna elettorale. Ma forse un po' meno della libertà d'informazione. Che non si calcola dal numero di poltrone riservate in tv ai politici di sinistra. Ma dal numero di notizie vere e di giornalisti liberi.

Tornando alle leggi, l'obiezione è nota: con 100 voti in più alla Camera, la maggioranza può fare il bello e il cattivo tempo. Non è vero neanche questo. Perchè la Casa delle Libertà s'è rivelata un casino. Divisa, dispettosa e assenteista, fuorchè per le leggi che stanno a cuore al premier e ai suoi cari. Ma l'iter delle leggi, anche di quelle su misura, è lungo. C'è ad esempio un passaggio iniziale sempre decisivo: la pregiudiziale di costituzionalità. Se non passa quello, la legge è morta per sempre. E in quella sede i tassi di assenteismo sono altissimi.
Basta che l'opposizione si presenti in forze a votare, ed è fatta. Ma non accade quasi mai. Come ha dimostrato Fabio Luppino su Micromega, se tutte le leggi peggiori hanno superato lo scoglio della costituzionalità è perchè mezza opposizione non c'era.

Alla Camera il centrosinistra parte da 263 deputati (ultimamente saliti di una trentina per le numerose transumanze). Bene, anzi male.
  • Nel 2001, sul ddl Sirchia, la Cdl ha solo 247 sì, ma l'"opposizione" solo 185 no.
  • Nel 2002, sulla controriforma del Csm, finisce 220 a 151 e sullo scudo fiscale (rientro dei capitali sporchi) 233 a 149.
  • Nel 2003, per la legge Moratti, 232 a 170 e per la Frattini sul conflitto d'interessi 241 a 215.
  • Il 3 febbraio 2004, dopo una battaglia campale e una prima bocciatura del Quirinale, si vota sulla costituzionalità della Gasparri: 40 franchi tiratori della Cdl impallinano la legge. Che però si salva grazie alle provvidenziali assenze di 30 "oppositori": 5 segretari (Bertinotti, Boselli, Diliberto, Mastella e Pecoraro Scanio), 7 ds, 6 margheriti e quasi tutti i mastelliani. Il governo la spunta per 2 voti: con altri tre deputati di sinistra, della Gasparri non si sarebbe parlato mai più.

In paesi come gli Usa e l'Inghilterra, dove le opposizioni usano ferocemente l'ostruzionismo (filibustering) per inchiodare i governi, i capigruppo che non riescono nemmeno a portare in aula le loro truppe vengono cacciati al primo bagno.
In Italia, per dire, il capogruppo Ds Luciano Violante nel settembre 2001 chiese addirittura la "procedura d'urgenza" per la controriforma del falso in bilancio. La maggioranza che non credeva ai suoi occhi ma non chiedeva di meglio, si associò. E nel giro di pochi giorni cancellò quattro processi al premier con una legge che l'Economist definì "una vergogna persino per una repubblica delle banane". Il direttore della prestigiosa rivista inglese, Bill Emmott, sostiene che "Berlusconi è un prodotto dell'opposizione". E viceversa.

(Marco Travaglio, gennaio 2006)

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